Last Updated on 24 Marzo 2022 by Maestra Sara
Anche se il modo migliore per recensire correttamente Cappuccetto Bianco di bruno Munari sarebbe quello di lasciare in bianco la pagina (virtuale), risulta quasi impossibile non tessere lodi di inchiostro nero (anch’esso virtuale) di un’opera che ha rivoluzionato il modo di concepire la letteratura, non solo per l’infanzia.
In caso qualcuno abbia acquistato il libro per errore e sia rimasto inorridito di fronte alla (quasi) totale assenza di illustrazioni e ad una narrazione che pare sospesa tra una scherzo di cattivo gusto e un libro giallo di inizio secolo (scorso), cercherò di farvi cambiare rapidamente idea e di farvi entrare in quella coltre bianca che rappresenta un capolavoro assoluto di genialità ed inventiva.
Quando ho deciso di aprire questo sito, ho specificato fin dall’inizio che il mio blog si sarebbe occupato, in modo quasi esclusivo, di libri illustrati, nel tentativo di gettare un ponte tra la parola e l’immagine, per comprendere e favorire il naturale sviluppo armonico della facoltà cerebrali dei bambini.
Eccomi dunque, ad un anno di distanza, a parlare di un libro che non è affatto illustrato, ma che, al contrario, invita la mente del bambino a creare forme, attraverso la fantasia, per riempire uno spazio che sembra sterminato, silenzioso e angosciante.
La scelta operata da Bruno Munari di dare vita ad un inedito libro per bambini composto in modo quasi esclusivo da pagine bianche, trova infatti la sua ragione d’essere in un duplice processo, decostruttivo e costruttivo, votato a stimolare la fantasia del bambino e a trasformarlo nel vero illustratore della storia.
Ascoltando la storia e fissando le pagine bianche di Cappuccetto Bianco, il piccolo lettore comincia (quando ha smesso di lamentarsi per l’insolito regalo) a lasciarsi guidare da un universo sensoriale che lo costringe quasi a cercare la forma nello spazio e i colori nella loro totale e assoluta compresenza.
Grazie ad una narrazione che continua a riferirsi all’universo cromatico e ad una componente visiva che, al contrario, lo esclude del tutto, Cappuccetto Bianco consente al bambino di misurarsi con la capacità di distinguere le figure, laddove le figure risultano assenti.
Fatta eccezione per il breve intervallo visivo rappresentato dai due occhioni di Cappuccetto Bianco che fanno capolino nella neve, il libro invita il bambino a cercare di vedere e descrivere tutto ciò che non viene minimamente accennato, a livello grafico, in una sorta di indifferenza che tende ad assumere una forma simulata, nella mente del piccolo, mano mano che la storia si articola.
Quasi un libro interattivo ante-litteram, Cappuccetto Bianco rappresenta dunque più un supporto cartaceo alla fantasia del bambino che non una storia in senso classico, senza mai perdere per questo, il suo immenso valore narrativo e letterario.
Cappuccetto Bianco, storia di una fiaba nella neve
Il capolavoro di Munari si apre con una pagina bianca (alla quale ne seguiranno molte altre), contornata dalla laconica dicitura “Mai vista tanta neve”, che, da un lato giustifica il candore assoluto di una pagina priva di illustrazioni e, dall’altro ironizza proprio sul fatto che nulla sia visibile, oltre la neve.
La storia prosegue con la constatazione che ha nevicato per tutta la notte e che, al mattino, ogni cosa è ora ricoperta dal bianco manto, sempre simboleggiato dalla pagina vuota.
Saggiamente, Munari passa ad introdurre, per negazione, gli elementi paesaggistici che vengono “oscurati” dalla neve, invitando il bambino ad immaginare la cuccia del cane, i cespugli di bosso, la panchina di pietra, il contorno delle aiuole e il sentiero che conduce verso il bosco; elementi visivi che il lettore non riesce, logicamente, a scorgere nella bianchissima pagina.
Dopo aver definito l’invisibile paesaggio, Bruno Munari spezza la monotonia cromatica introducendo la sua protagonista, Cappuccetto Bianco, mediante la rappresentazione di due occhioni azzurri talmente vividi da brillare persino in mezzo a tanta neve.
Come da copione, la ragazzina deve recarsi in visita dalla nonna, Candida, per portarle il consueto cestino colmo di leccornie che la mamma ha preparato per lei.
Nonostante la neve, la traversata prende il via e, dopo aver mosso i primi passi, Cappuccetto Bianco incontra il pittore Bianconi, triste per aver perso la sua scatola di colori in mezzo alla neve.
Dopo aver invitato Bianconi a rivolgersi a Biancaneve, Cappuccetto Bianco percepisce la presenza del lupo bianco, ma non lo vede, perché sa che l’animale è caduto vittima di un’indigestione di nonne e ora trascorre la sua agonia lontano da sguardi indiscreti.
Quando finalmente la ragazzina trova la casa della nonna, sepolta dalla neve, scopre che la vecchietta è andata in vacanza nell’Africa nera e diventa rossa per la sorpresa è un po’ verde per non aver incontrato l’amata progenitrice.
Dopo altre variazioni cromatiche, ovviamente solo immaginate, Cappuccetto Bianco fa ritorno a casa, senza aver incontrato né il lupo, né la nonna e Munari conclude che questa strana storia farà passare la notte in bianco ai lettori.
Cappuccetto Bianco, un tripudio di sensazioni
Costruito mediante un approccio palesemente ironico e goliardico, Cappuccetto Bianco è uno di quei libri che riescono a stimolare la creatività degli adulti e dei bambini, andando a giocare sapientemente con le parole e a realizzare un altro piccolo capolavoro di educazione visiva.
Se, in altre opere di Munari, sono l’immagine e il colore a rappresentare il fulcro della storia e a richiedere un’attenzione fuori dalla norma, qui è proprio la loro assenza a stabilire il modo in cui il libro va guardato, compreso e immaginato a fondo.
Prima ancora che l’immagine stampata, è infatti l’immagine che si forma nella mente del lettore a definire l’iconografia della vicenda e, paradossalmente, a fine lettura, risulta vivida e intensa tanto quanto il suo corrispettivo mancato.
Da leggere, conservare, rileggere e da impiegare per una serie di giochi basati sull’immaginazione, Cappuccetto Bianco è senza dubbio uno di quei testi che hanno saputo ridefinire gli archetipi della letteratura per l’infanzia, nonostante i lamenti dei bambini che accompagnano la prima percezione della storia.
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