Cappuccetto Giallo di Bruno Munari, la fiaba oltre l’ironia

Cappuccetto giallo

Last Updated on 24 Marzo 2022 by Maestra Sara

Inserito nel novero dei numerosi esperimenti condotti da Bruno Munari sulla variazione del tema legato a Cappuccetto Rosso, Cappuccetto Giallo rappresenta un’originale ed ironica opera che porta il lettore a giocare con la fiaba classica e ad ironizzare sui suoi numerosi paradossi antropologici, senza che la reverenza verso i racconti originali si perda.

Alla base della reiterata volontà di Bruno Munari di decostruire l’universo semantico legato alla fiaba classica non vi è, come spesso erroneamente ritenuto, una sorta di avversione verso gli archetipi letterari del passato, quanto la volontà di portare il bambino a giocare con i paradossi legati alla fiaba stessa.

Superata la soglia dei tre anni, il bambino comincia infatti a guardare alla fiaba da una prospettiva differente, rimanendo incantato di fronte a quei racconti fatati che hanno unito tante generazioni, ma percependo, al contempo, una sorta di distacco verso un mondo dominato da logiche palesemente poco plausibili.

Se la fiaba continua ad affascinare, lo si deve proprio al suo collocarsi in una sorta di regno fuori dal tempo e dallo spazio, dove tutto può succedere e dove le attuali logiche (narrative e umane) vengono sospese.

Se qualcuno decidesse di scrivere oggi un moderno albo per bambini con un lupo che ingoia senza masticare una persona, i bambini rimarrebbero un attimo perplessi, per la palese contraddizione tra gli schemi che regolano le strutture narrative attuali e il verificarsi di una situazione senza senso.

Bruno Munari cappuccetto

Con la fiaba classica, questo non accade, perché la struttura dei racconti colloca subito l’intreccio in un universo semantico dominato dall’irrealtà delle situazioni proposte e da un incedere fuori dal tempo e dallo spazio del bambino.

Cappuccetto Giallo si prende allegramente gioco di questa apparente contraddizione della fiaba classica e porta il lettore a percepire i paradossi in tutta la loro forza, inserendoli all’interno di uno scenario urbano che il bambino percepisce immediatamente come familiare.

L’obiettivo dichiarato di Cappuccetto Giallo è dunque quello di strappare un sorriso ai bambini e di far loro comprendere la palese dose di ironia che si cela all’interno di un universo semantico percepito quasi come sacrale in tenerissima età.

Come nelle altre opere dello stesso filone, Munari sceglie qui la quasi totale monocromia per accentuare la natura ironica del suo racconto e per mostrare, al contempo, come il consueto gioco con i colori e nei colori possa rivelare una nuova meraviglia agli occhi del bambino e aiutarlo a struttura una nuova tipologia narrativa che trova proprio nell’immagine il suo fulcro principale.

Attraverso i colori, il bambino è infatti spinto a generare quasi una storia parallela, in cui tutto ciò che possiede un’assonanza cromatica si muove all’unisono, in una sorta di allegorica alleanza visiva e ideale.

 

Cappuccetto Giallo, una (non) fiaba urbana

Cappuccetto Giallo è una bambina che vive in un noiosissimo piano terra di un noiosissimo grattacielo, inserito in uno scenario metropolitano altrettanto noioso.

Molto lontani da re, regine, principesse e nobili vari, i genitori di Cappuccetto Giallo svolgono l’onesta professione di, rispettivamente, custode di parcheggio e addetta alla cassa di un supermercato, trovando anche il tempo di rassettare la casa e di leggere qualche libro alla bimba.

Sempre vestita con un completo di maglia gialla, preparatole dalla mamma, Cappuccetto Giallo ha stretto una profonda amicizia con un gruppo di canarini, nata proprio dalla palese affinità cromatica e dal fatto che la bimba sia molto premurosa con i volatili e riservi loro sempre qualche mollica da mettere sul balcone.

I canarini si comportano come guardie del corpo di Cappuccetto Giallo e la accompagnano ogni volta in cui la bimba deve attraversare il traffico della città per andare in visita dalla nonna, la cui dimora risiede proprio al capo opposto della metropoli.

Cappuccetto Giallo Bruno Munari

Un bel giorno (poi non così bello), la bambina deve riprendere la sua traversata urbana per portare alla nonna un cestino di prodotti, rigorosamente gialli, e si imbatte, inutile dirlo, nel tremendo lupo cattivo, imbottigliato nel traffico con la sua auto, ma comunque volenteroso di adescare la ragazzina con il suo piglio da malvivente di periferia.

Percependo il pericolo, Cappuccetto Giallo manda i suoi amici canarini a svolazzare intorno al semaforo, creando un ingorgo e una confusione senza precedenti, all’interno della quale il lupo si perde, senza possibilità alcuna di uscita da quel marasma.

Senza ulteriori intoppi, Cappuccetto Giallo giunge così dalla sua nonna, dalla quale si sofferma un po’ per ascoltare una delle sue proverbiali storie.

Mentre fa ritorno, la bambina ripensa alla strana storia raccontata dalla nonna e si domanda come ai bambini di un tempo potessero piacere favole così spaventose come Cappuccetto Rosso, in cui i lupi mangiavano i piccoli e le loro nonne senza nemmeno masticarli.

 

Bruno Munari e l’arte di sorprendere

Premesso che non amo “classifiche”, graduatorie e affini, perché ritengo l’arte qualcosa di assolutamente personale, mi sento comunque di azzardare un giudizio colmo di superlativi assoluti e di definire Cappuccetto Giallo come l’opera per bambini più bella di Bruno Munari, a livello visivo.

Il libro è infatti un’assoluta meraviglia per occhi, in cui scelte iconografiche azzardatissime si intrecciano in una pluralità di stili, forme e sfumature, che portano il lettore a cercare l’elemento armonico in mezzo a quel mare urbano che pare fuoriuscire da un rotocalco di cronaca nera in tutto il suo livore.

Cappuccetto Giallo

Gli stacchi violenti tra il grigio, volutamente asettico, degli scenari urbani e la vivacità del giallo, regala contrasti forti, che permeano il libro di una luce interiore, in grado di portare il candore della fiaba (seppur in forma ampiamente ironica) all’interno di un contesto caotico e corrotto.

Anche la staticità emotiva del lupo è qui lo specchio di un mondo che ha perso di vista la sua dimensione emotiva  e che si limita a girare nel traffico con fare arrogante in cerca di ragazzine da irretire, senza nemmeno più mettere in scena qualche coreografico tentativo di corruzione o qualche fiabesco stratagemma.

Assolutamente imprescindibile, Cappuccetto Giallo è un’opera fondamentale per capire il talento artistico di Bruno Munari e per calarsi a fondo in quell’universo fiabesco, ormai tanto poco plausibile da affascinare ancora.

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