C’è un mostrino nel taschino! una filastrocca sul potere dei bimbi

C'è un mostrino nel taschino

Last Updated on 17 Dicembre 2018 by Maestra Sara

Particolarissima opera ideata dal Dr.Seuss (l’autore de Il Grinch, per intenderci), C’è un mostrino nel taschino! è una simpatica filastrocca illustrata che gioca apertamente con la componente linguistica infantile e con l’immaginario iconografico connesso.

Privo di una vera e propria trama, C’è un mostrino nel taschino! è infatti una sorta di scherzo letterario, incentrato sulla sostituzione di alcune lettere operata a partire da parole note, con l’intento di spingere il bambino a prendersi gioco del suo stesso universo semantico e ad immaginare cosa comporterebbe la suddetta sostituzione in termini “pratici”.

Se tutti i bambini di età superiore ai tre anni sanno cioè alla perfezione cosa sia una sedia e quale funzione svolga nel mondo, è più che legittimo portare il piccolo ad immaginare le fattezze di un’eventuale “Dedia”, bizzarro mostriciattolo peloso venutosi a creare proprio in virtù di una minuscola sostituzione lessicale.

Lungo una lunghissima galleria di bizzarrie linguistiche, C’è un mostrino nel taschino! realizza esattamente questo simpatico artificio semantico, inventando una serie di creature che trovano la loro radice morfologica proprio in un gioco condotto tra le lettere.

A seconda della radice linguistica di partenza (l’oggetto fisico), Dr Seuss opera una serie di sostituzioni lessicali che “generano” altrettanti mostriciattoli, la cui morfologia dipende in modo diretto dalla parola di partenza, secondo uno schema che prevede, ad esempio, il fantomatico Razzolino trovarsi ad essere lungo e dotato di setole come lo spazzolino dal quale deriva in modo diretto.

A livello narrativo, come premesso, C’è un mostrino nel taschino! non è che una lunga filastrocca, incentrata su un bambino che si avventura attraverso le differenti stanze della sua dimora, scoprendo in ogni angolo piccoli mostri dalle più disparate fattezze e dai più differenti caratteri.

Alcuni miti e bonarie, altre dispettose, le piccole creature che compongono l’universo immaginario di C’è un mostrino nel taschino! non sono altro che lo specchio di un immaginario infantile che proietta i parti della propria fantasia sul mondo esterno e che non riesce a rinunciare a quella sorta di magia che gli consente di vedere divertimento e animazione ovunque.

La casa del libro è infatti, in ultima istanza, una metafora della stessa infanzia e dei suoi rimandi, tanto da portare il piccolo protagonista della storia a desiderare di vivere in quel luogo magico per sempre, onde evitare di perdere il suo potere di riuscire a giocare con le parole e di creare nuovi giochi proprio a partire dalle parole stesse.

Proprio in virtù della sua marcata componente linguistica e semantica, C’è un mostrino nel taschino! si rivolge esplicitamente a quei bambini, collocati in una soglia anagrafica oltre i 4 anni, che hanno ormai preso confidenza con gli strumenti denotativi di base e che sanno benissimo, ad esempio, cosa sia un cuscino e che un “Puscino”, al contrario, non esiste né da un punto di vista sintattico, né da uno semantico.

La lettura dell’albo a bambini troppo piccoli potrebbe infatti confondere i giovani lettori sulla reale funzione della denotazione ed instillare dubbi linguistici del tutto superflui, nel momento stesso in cui il bimbo si trova ancora alle prese con il suo primo vocabolario di base e con l’apprendimento sistematico di termini noti.

 

C’è un mostrino nel taschino, a spasso tra le bizzarre creature

C’è un mostrino nel taschino! si apre con la raffigurazione di un bambino che scorge, quasi per errore, un minuscolo mostriciattolo, denominato “Pestino”, all’interno del cestino dei rifiuti e che inizia, proprio da quel primo avvistamento, un simpatico carnevale all’insegna della fantasia.

Nella coppia di tavole seguenti, il piccolo protagonista di imbatti infatti in un “Bassetto” (che ricorda molto da vicino le fattezze del Grinch) nascosto in un cassetto e in un “Tarmiglio” placidamente riposto nel ripostiglio di casa.

c'è un mostrino nel taschino libro

La filastrocca prosegue alla caccia di nuove creature da scovare negli angoli più impensati della casa, portando il bimbo a diretto contatto con il “Penda” nella tenda, con lo “Sprologio” che si annida dietro l’orologio, con un “Baffale” che gioca a nascondino sullo scaffale, con un “Cavello” che nuota sereno nel lavello, con un “Bruce” che fa luce nella lampada e via dicendo, per tutto il resto del libro.

Terminato il suo breve viaggio domestico tra le bizzarre creature prodotte dalla sua fantasia e dai giochi linguistici ad essa associati, fino a che, giunta l’ora di coricarsi, il piccolo rimira felice il “Puscino” adagiato sul suo cuscino ed auspica di poter vivere in quel mondo fatato per tutto il resto della sua vita.

C’è un mostrino nel taschino, un lungo carnevale linguistico

Per quanto difficile da tradurre e concepito in funzione della lingua nativa del Dr.Seuss, anche nella sua variante italiana curata da Anna Sarfatti, C’è un mostrino nel taschino! raggiunge alla perfezione il suo obiettivo, mostrando al piccolo lettore come la linguistica possa essere il movente per una serie di giochi e scherzi infiniti.

c'è un mostrino nel taschino

Proprio grazie alla comprensione della parola (prima orale e poi scritta), il bambino arriva infatti a padroneggiare la realtà, al punto di poterla stravolgere senza che i suoi riferimenti semantici vengano meno, perché egli è ormai il sovrano di un universo denotativo che può alterare a piacere.

La stretta compenetrazione tra lo scherzo linguistico e lo sviluppo della fantasia è qui funzionale a rendere il piccolo lettore del suo infinito potere; un potere tanto grande da tradursi nella genesi di un autentico carnevale di creature bizzarre.