Last Updated on 3 Dicembre 2021 by Maestra Sara
Il linguaggio è forse la componente dell’esistenza umana che più spesso impieghiamo senza riflettere sulla sua reale natura: fin dalla prima infanzia, apprendiamo una parola, la associamo al suo significato e la utilizziamo con mero scopo denotativo.
Soprattutto in età infantile (non nel senso etimologico della parola, dato che un infante è letteralmente “colui che non parla”), ci troviamo a considerare il linguaggio, scritto o parlato che sia, alla stregua di un mero strumento, utile a dare forma ai nostri pensieri e ai nostri desideri.
Provando per un istante a riflettere sulla natura del linguaggio, ci accorgeremo immediatamente, tuttavia, che la lingua possiede una valenza emotiva, sociale e talvolta politica collocata ben oltre la dimensione della semplice denotazione.
Se, per quanto riguarda il versante orale del linguaggio, le manifestazioni “esoteriche” si fanno evidenti in base al tono della nostra espressione, lo stesso discorso vale, logicamente, per i caratteri scritti.
Se io scrivessi ora QUESTA RIGA IN MAIUSCOLO, RISULTEREBBE EVIDENTE LA MIA INTENZIONE DI “URLARE” QUALCOSA” A SQUARCIAGOLA; se la evidenziassi in grassetto, sarebbe palese la mia volontà di attirare l’attenzione su un passaggio che ritengo importante; se cambiassi carattere, infine, porterei il lettore ad interrogarsi sulle ragioni di un’evidente discontinuità nel testo.
Fin dai tempi più remoti della civiltà umana, il segno scritto è intriso di valenze che si collocano ben oltre la sfera della comunicazione asettica o del rapporto che lega il significante al suo significato, perché, per dirla con Heidegger, il linguaggio rappresenta la casa dell’Essere; quasi fosse un’entità da custodire e plasmare per garantire la sopravvivenza della nostra umanità.
In un mondo perfetto sarebbe dunque d’uopo (la riflessione sul linguaggio mi ha reso arcaica) non solo insegnare a leggere e scrivere ai bambini, ma portarli a riflettere sulla natura espressiva delle loro scelte stilistiche in modo consapevole.
Giusto per rendere il mondo un posto migliore e un po’ meno noioso, i bravissimi autori Ilaria Cairoli e Alberto Casagrande hanno appena dato alle stampe una piccola fiaba per bambini, chiamata “Era una nuvola” che scherza sulla natura del carattere scritto, facendo sorgere, nel breve momento ludico, una solenne riflessione.
“Era una nuvola” è infatti un meta-libro, sospeso tra la status fisico di storia illustrata e di manifesto futurista sovietico, che narra le gesta della tribù dei glifi e della loro volontà di donare al genere umano i segreti del carattere scritto.
“Era una nuvola”, origine del linguaggio scritto
Il testo descrive, infatti, le gesta di una antichissima popolazione, precedente alla comparsa del genere umano, denominata “glifi” (un glifo è un grafema o un qualunque carattere scritto) e della loro volontà di aiutare gli umani nel loro processo evolutivo.
Accortisi della presenza di una strana nuvola che aleggia sopra le loro teste, i glifi comprendono che quella misteriosa condensa che aleggia nel cielo potrebbe rappresentare lo strumento adatto per aiutare il genere umano, del quale i glifi si trovano in osservazione da tempo.
Dopo aver aggiunto qualche goccia di una sostanza segreta alla nuvola, i glifi riescono dunque a renderla malleabile e allestiscono delle articolata officine, all’interno delle quali lavorano giorno e notte per dare forme concrete all’essenza stessa dell’entità impalpabile.
Il risultato del loro duro lavoro è rappresentato dalla totalità delle lettere e dei caratteri di stampa, utili a fissare concetti ed emozioni nella mente di una specie, quella umana, dai glifi considerata poco a suo agio con la memoria e con le sue implicazioni.
Ultimato il lavoro, i glifi realizzano un macchinario in grado di generare un’autentica pioggia di grafemi sull’umanità; ora finalmente in condizione di ricorrere al carattere scritto e di comunicare compiutamente.
Più che da leggere, sebbene la storia sia decisamente avvincente e ben scritta, il libro è un’opera che chiede al lettore di essere guardata e ammirata in tutto il suo splendore.
L’originalissima fattura del testo, come spesso accade con le opere edite da Verbavolant, conferisce infatti alla simpatica storia una valenza estetica dirompente che porta il lettore, soprattutto nella seziona conclusiva del libro (dalla parte del poster) a percepire realmente quella “pioggia di grafemi” che inonda e nobilita il genere umano.
Scorrendo le facciate del libro-manifesto, si ha la continua sensazione di dinamismo e azione, quasi come se la storia fosse ideata e realizzata per generare una totale identità tra il narrato e la sua struttura fisica.
Davvero stupendo e curatissimo, “Era una nuvola” è un testo da rileggere, osservare e ammirare infinite volte, in quanto ogni lettera e ogni illustrazione cela al suo interno un microcosmo difficile da percepire al proverbiale primo sguardo.
Dedicato a tutti coloro che desiderano custodire e tramandare il linguaggio alle generazioni future, “Era una nuvola” è un punto di svolta nella meta-letteratura per l’infanzia vivamente consigliato a chiunque voglia intraprendere con i proprio figli un lungo viaggio nei segreti del carattere scritto e della sua potenza dirompente.