Fiabe dall’Est: L’uomo dalla barba d’oro (Ungheria)

Last Updated on 27 Aprile 2023 by Maestra Sara

Molto tempo fa, viveva un potente re che aveva una moglie e un unico figlio maschio. L’uomo amava il ragazzo con tutto se stesso e, quando il giovane fu abbastanza cresciuto, il sovrano disse alla moglie: “Sento che l’ora della mia morte si sta avvicinando a grandi passi. Ti chiedo di promettermi che, quando me ne sarò andato, tu non ti sposerai più e dedicherai la tua vita a prenderti cura di nostro figlio.”

La regina scoppiò a piangere nell’udire queste parole e disse che mai e poi mai, per nessuna ragione al mondo, avrebbe voluto sposare un altro uomo. Il benessere del principino era l’unica cosa che davvero le stava a cuore e si sarebbe dedicata alla cura del ragazzo con tutte le sue forze.

Le parole della donna confortarono il cuore del re, il quale, pochi giorni dopo quella conversazione, morì, in pace con se stesso e con il mondo.

Il re aveva da poco esalato l’ultimo respiro, tuttavia, che la regina si disse, tra sé e sé: “Promettere è un conto, mantenere la parola data è tutta un’altra cosa!”

Accadde così che le pietanze, ancora calde del banchetto funebre, vennero servite ad un nuovo banchetto nuziale: la regina sposò infatti un nobile, proveniente da una landa poco distante e iniziò a disinteressarsi delle sorti del figlio, defraudato del diritto di diventare re da quell’improvviso sposalizio.

Il nuovo marito della regina era un uomo crudele e spietato, che era solito trattare male il suo figliastro: a malapena dava qualcosa da mangiare al ragazzo e lasciava che si vestisse con cenci logori. Se non avesse temuto il furore della folla, probabilmente lo avrebbe ucciso, tanto grande era il disprezzo che nutriva nei confronti del giovane.

Bisogna sapere che, poco lontano dal palazzo reale, scorreva un ruscello che, invece di essere composto di normale acqua, era formato interamente da latte. Ogni giorno, numerosi viandanti si recavano al ruscello e raccoglievano tutto il latte che riuscivano. Il primo ordine che diede il nuovo re, appena preso possesso del trono, fu proprio quello di vietare l’accesso al torrente di latte. Il sovrano mise dei guardiani davanti al ruscello e ordinò loro di uccidere chiunque avesse voluto abbeverarsi. La decisione del re era dovuta a pura cattiveria, dal momento che il latte certo non mancava a corte e che il torrente continuava a rigenerarsi senza mai andare in secca.

Dopo la promulgazione dell’editto, per qualche giorno, nessuno osò avvicinarsi dalla riva del torrente, fino a quando, una mattina presto, un uomo con la barba d’oro si presentò al ruscello con un secchio in mano. Come se nulla fosse, l’uomo riempì il secchio di latte e scomparve come fumo, davanti agli occhi delle guardie esterrefatte. Lesti, i guardiani andarono dal re a riferire ciò che avevano visto.

Di primo acchito, il sovrano non credette ad una sola delle parole proferite dalle guardie, ma, siccome i guardiani insistevano nel raccontare la stessa versione dei fatti, il re si persuase che qualcosa di vero doveva esserci in quello strano racconto; per cui, decise di andare a sorvegliare il ruscello in prima persona.

Con i primi raggi del sole, giunse al torrente l’uomo dalla barba d’oro che, come se nulla fosse, si riempì il secchio di latte, prima di scomparire nel nulla in un baleno, come se la terra l’avesse fagocitato.

Il re rimase ad osservare a bocca aperta il posto in cui l’uomo era scomparso. Non aveva mai visto prima quello strano uomo dalla barba d’oro, di questo ne era certo, ma la cosa di cui gli importava di più, al momento, era capire come poterlo catturare.

Il malvagio re già immaginava che, se avesse costruito una gabbia in cui rinchiudere l’uomo dalla barba d’oro, avrebbe potuto esibirlo come un trofeo e sarebbe diventato un modello per tutte le nazioni del mondo.

Fantasticando sulla sua prigione, il re diede ordine affinché dietro ogni singolo cespuglio si appostasse un guardiano, pronto ad acciuffare l’uomo e il suo secchio. I tentativi si rivelarono, tuttavia, vani, dal momento che nessun guardiano riuscì a catturare l’ineffabile uomo dalla barba d’oro. Per quanto le guardie fossero silenziose e attente, non appena strisciavano fuori dai loro nascondigli e tendevano le mani per agguantare il ladro di latte, l’uomo dalla barba d’oro riusciva sempre a svicolare e a dileguarsi nel nulla sotto i loro occhi attoniti.

Giorno dopo giorno, i guardiani cercarono di sorprendere l’uomo, facendo leva sulle più squisite tecniche di mimetismo, ma, giorno dopo giorno, l’uomo dalla barba d’oro era sempre più lesto nello scomparire.

Man mano che i tentativi di cattura fallivano, il re diventava sempre più furioso, fino a quando, un bel giorno, decise di offrire una lauta ricompensa a chiunque fosse riuscito a catturare il malvivente.

Poco dopo che la taglia fu messa, si presentò a palazzo un vecchio soldato, con un’idea piuttosto originale. Il veterano sosteneva che, per catturare l’uomo dalla barba d’oro, bisognava mettere sulla riva del ruscello un panino alla pancetta e un fiasco di vino. Bisognava, inoltre, diluire del sonnifero all’interno del vino. A suo dire, l’uomo dalla barba d’oro si sarebbe sicuramente fermato a rifocillarsi e, proprio in quel momento, sarebbe stato colto da una sonnolenza che gli avrebbe impedito di scomparire nel nulla, come era solito fare. Una volta addormentato, sarebbe stato possibile metterlo in gabbia, come il re desiderava.

L’idea piacque subito al sovrano, che ordinò alle guardie di piazzare un panino alla pancetta e un fiasco di vino con il sonnifero sulla riva del ruscello. Il re diede, inoltre disposizioni affinché il numero delle guardie venisse raddoppiato, dopodiché si mise pazientemente in attesa di vedere l’esito del piano.

Tutto venne approntato esattamente come il vecchio soldato aveva detto. La mattina seguente, l’uomo dalla barba d’oro si presentò al torrente, riempì il secchio di latte, mangiò il panino, bevve il vino e cadde addormentato. Non appena chiuse gli occhi, le guardie si gettarono su di lui, lo catturarono, lo legarono e lo trascinarono verso il palazzo reale.

Non appena il re vide l’uomo dalla barba d’oro, lo gettò nella gabbia dorata che aveva preparato per lui e lo esibì, come un trofeo, a tutti coloro che venivano a visitare il palazzo.

Quando il povero prigioniero si risvegliò e si riprese dalla sbornia, cercò di parlare ai visitatori del castello, per chiedere il loro aiuto, ma, dal momento che nessuno lo ascoltava, smise improvvisamente di proferire parola e tutti iniziarono a considerarlo come un selvaggio dei boschi, completamente muto.

L’uomo dalla barba d’oro non voleva rassegnarsi al suo destino, piangeva tutto il giorno e toccava a malapena il cibo che gli veniva porto attraverso le sbarre.

La situazione andava avanti da circa un mese, quando il re si trovò costretto a dichiarare guerra ad una nazione confinante e dovette assentarsi dal palazzo per andare a combattere e guidare le sue truppe.

Prima di partire per il fronte, il sovrano chiamò il suo figliastro e gli disse: “Ascolta bene quello che sto per dirti, ragazzo. Mentre sarò via, dovrai prenderti personalmente cura del mio prigioniero. Dagli da bere e da mangiare ciò che desidera, ma assicurati che non scappi dalla sua gabbia. Se, al mio ritorno, l’uomo dalla barba d’oro sarà fuggito, mi prenderò la tua vita in un modo tanto cruento e orribile da diventare leggendario.”

In cuor suo, il principe era contento che il suo patrigno partisse in guerra e sperava che non avrebbe mai fatto ritorno. Per paura delle ritorsioni del re, tuttavia, il ragazzo decise di sorvegliare il prigioniero giorno e notte: si stabilì vicino alla gabbia e mantenne l’occhio vigile costantemente….

La fiaba continua su….