Last Updated on 14 Febbraio 2023 by Maestra Sara
Profondamente segnate tra la dicotomia che contrappone materia e spirito, le fiabe giapponesi rappresentano il luogo in cui l’ascesi dal mondo trova la sua forma narrativa più completa, viva e compiuta e in cui Natura e natura umana si sfidano e si ricompongono a più riprese in un universo magico.
Tanto la tradizione fiabesca di derivazione buddista, quanto quella di matrice shintoista (i cui ambiti di pertinenza non sono così netti), poggiano infatti le loro salde radici in un contesto mitico e mitologico, in cui la Natura non rappresenta il semplice teatro dell’agire umano, ma un elemento vivo della narrazione stessa.
È proprio la Natura il luogo in cui tutto si anima ed è la Natura, nella sua accezione più vasta, il fine al quale l’uomo deve tendere, affinché si possa liberare da tutto ciò che lo distrae e lo corrompe nel suo percorso verso l’elevazione spirituale e la piena comunione con gli elementi naturali.
A differenza di quanto accade nella maggior parte delle narrazioni europee, il protagonista delle fiabe giapponesi non cerca gloria, ricchezza, potere e, spesso, nemmeno l’amore. L’eroe giapponese è colui (o colei) che percepisce nel fluire degli eventi una sorta di necessità di ordine superiore e che riesce, a dispetto del suo dolore, a trovare pace nella sconfitta, redenzione nella perdita e movente per la crescita spirituale nel lutto.
Le fiabe giapponesi sono intrise di una malinconia di fondo che, tuttavia, appare tale solo in assenza di una chiave di lettura in grado di far comprendere al lettore come, anche negli eventi più tragici, si celi una proverbiale lezione da apprendere.
Difficilmente le fiabe giapponesi si concludono con il canonico “e vissero tutti felici e contenti”, con un matrimonio, con un banchetto o con un’apocatastasi in grado di ricomporre in modo dialettico la serenità iniziale, turbata dalla presenza di un ostacolo o da uno sconvolgimento dell’ordine iniziale.
Le fiabe giapponesi sono, al contrario, segnate dal lutto, dall’amore perduto, dalla perdita, dall’addio e dall’abbandono, proprio perché, paradossalmente, la vera fiaba inizia dove la narrazione finisce. Sta, infatti, al lettore comprendere come il finale amaro non sancisca una conclusione, in termini assoluti, ma un nuovo inizio.
Nelle leggere fiabe giapponesi, il lettore scivola lentamente all’interno di un universo semantico in cui i canoni etici e narrativi europei risultano spesso stravolti e in cui il rischio di perdere di vista l’autentico significato della fiaba si fa sempre più vivo, parola dopo parola, in assenza di quella chiave di lettura che illumina la narrazione.
Spesso rifuggite proprio per una tristezza di fondo che le permea o per la delusione dei bambini di fronte ad un finale che non soddisfa le loro aspettative, le fiabe giapponesi sono in realtà intrise di una saggezza profonda, che ci costringe a misurarci con ciò che più ci spaventa (dolore, lutto, perdita) e ad affrontare i nostri timori da una prospettiva differente, non necessariamente antropocentrica.
Nel raccogliere, tradurre e rielaborare le fiabe giapponesi che compongono la mia raccolta, ho selezionato i testi di modo da creare uno spettro più ampio possibile della cultura giapponese classica e del misticismo del Sol Levante.
Con cura certosina, ho cercato di affiancare narrazioni piuttosto note anche in Occidente (si pensi a “Il Flauto”), con altre, misconosciute, ma egualmente dense di significato.
Nel tentativo di creare un testo non ripetitivo, ho deciso di accostare fiabe “tout-court” a narrazioni che tendono a sconfinare nell’ambito del mito e, in direzione opposta, della favola.
In “Fiabe giapponesi: Fiabe, miti e leggende della tradizione popolare giapponese” il lettore potrà dunque imbattersi in intrecci narrativi che ricordano molto da vicino quelli fiabeschi europei, in brevi storie che paiono aderire ai canoni della tradizione favolistica greca (si pensi a “Due rane”) e in testi in cui la componente mitica, relativa alla genesi del reale, risulta predominante.
Il mio obiettivo, nel comporre questo testo, è stato quello di offrire un ritratto a 360 gradi del Sol Levante e di creare una raccolta che non risultasse monocorde o ripetitiva, come spesso accade quando ci si cimenta con fiabe popolari.
Di fronte alle fiabe giapponesi, al lettore capiterà di versare qualche lacrima, di ridere di gusto, oppure di chiudere il testo per cercare di riflettere sul senso profondo delle parole appena lette e di relazionarli al proprio vissuto.
Terzo tomo di una lunga collana che sto creando, nel tentativo di offrire un compendio di tutte le tradizioni fiabesche a livello mondiale, “Fiabe giapponesi” rappresenta uno dei tasselli più anomali e, al tempo stesso più affascinanti, del mosaico narrativo globale.
Adatto a lettori di ogni età (suggerisco comunque dai cinque anni in su), il libro mira dunque ad offrire una panoramica sulla saggezza di quelle antiche codificazioni di sapienza che continuano ad affascinare e a far riflettere, a distanza di secoli o millenni dalla loro genesi.
Leggere fiabe in un’epoca post-moderna può aiutarci a riconnetterci con delle caratteristiche, squisitamente umane, che rappresentano una via d’uscita di fronte all’iper-digitalizzazione del reale, alla logica del consumo perpetuo e al trionfo della quantità sulla qualità in ambito artistico.
La fiaba può dunque venire in nostro soccorso, anche quando ci sembra che non vi sia nulla al di fuori di quella notte, così fredda e buia, da apparire davvero triste.