Last Updated on 20 Settembre 2019 by Maestra Sara
Se il celebre orinatoio di Duchamp scandalizzò il mondo in qualità di prima non-opera d’arte della storia, i libri di Hervè Tullet portano in dote un simile potenziale eversivo, seppur possedendo una carica emotiva decisamente meno aggressiva.
Perché mai qualcuno al mondo dovrebbe acquistare un libro quasi del tutto privo di parole o cimentarsi con la (non) lettura di un prodotto editoriale che risulta palesemente illeggibile?
Perché i libri spesso non sono che la forma delle nostre emozioni e, dunque, si può agevolmente provare a svuotarli del loro contenuto fisico per riempirli di immagini, fantasia e di giochi che sconfinano apertamente dalle intenzioni letterarie in senso stretto.
Nessuno dei libri di Tullet è in realtà un libro (a maggior ragione, il suo celeberrimo “Un libro”, verdi recensione), tanto meno questo gioco d’ombre, che è in realtà una protesi della fantasia infantile, utile a mostrare su una parete chiaroscurale tutto ciò che altrimenti rimarrebbe imprigionato nella mente di piccoli, privo di forma.
Il gioco delle ombre non ingabbia dunque la capacità immaginativa del bambino, ma la libera in un tripudio di luci e di ombre, svelandogli un lato della realtà decisamente più suggestivo di tutti quelli che possono produrre le moderne tecniche grafiche 3D.
Composto da una serie di intarsi, che necessitano di luce fisica per diventare immagini, Il gioco delle ombre sfonda apertamente quella stessa parete che serve al libro per “diventare reale” e trasforma una breve storiella (quasi del tutto superflua) nel pretesto per fissare le consuete quattro mura di casa, vedendole trasformarsi in una sorta di schermo cinematografico, incredibilmente vivo e pulsante.
Proprio nel corso di un’età in cui i bambini percepiscono il buio come una sorta di minaccia e la luce come unica fonte di salvezza, di fronte al minaccioso incedere della loro fantasia, Il gioco delle ombre svela un mondo in cui luce e ombra non sono che l’identica faccia della stessa medaglia.
Se la considerazione relativa all’esistenza della luce e della tenebra, parte integrante di una stessa realtà, appare scontata in età adulta, il bambino tende invece a ragionare in modo nettamente dicotomico e manicheo, associando tutto il “bene” del mondo con la luce e tutto il “male” con il buio.
Dato che leggere “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov (in caso non lo abbiate letto, vi chiedo di farlo, come piacere personale: clicca qui) ad un bambino di due o tre anni produrrebbe esiti imbarazzanti, molti asili nido tendono ad orientare il loro piccolo programma proprio su giochi di luci ed ombre, rivolti a fugare l’arcaico terrore.
Tutti i giochi effettuati con le torce nelle stanze buie aiutano i piccoli a comprendere come luce ed ombra si trovino ad essere interdipendenti e come, dunque, non possiamo amare la luce senza comprendere l’esistenza del buio.
Ovviamente, la “lettura” di Il gioco delle ombre di Hervè Tullet ad un bambino molto piccolo non farà sorgere in lui la necessità di indagare la realtà da un punto di vista filosofico, ma gli mostrerà comunque un lato della realtà che i suoi sensi e il suo intelletto non erano ancora riusciti ad afferrare.
Il gioco delle ombre di Hervè Tullet, alla scoperta del buio e della luce
Come ampiamente premesso, l’esile storiella contenuta ne Il gioco delle ombre di Hervè Tullet non è che il pretesto per dare vita ad un gioco di luci ed ombre che trova nel libro il movente per generare altri possibili racconti e altre possibili avventure.
Graficamente meraviglioso, il libro si compone di una serie di pagine cartonate intarsiate che definiscono delle forme compiute solo quando vengono proiettate sul muro con l’ausilio di una torcia.
La “narrazione”, di per sé è quasi irrilevante (in caso non trovaste l’edizione italiana, potete tranquillamente orientarvi sul quella originale), è qui il pretesto per osservare una serie di figure che prende lentamente forma sul muro di casa, facendo magicamente comparire ora un genitore che tiene per mano suo figlio nel fitto di un bosco, ora un uccello appollaiato su un alto ramo, una serie di occhi che guardano nel buio o un misterioso cane.
Anche slegate dal loro ordine narrativo, le immagini possiedono una valenza fortissima e si adattano perfettamente alla possibilità di dar vita a racconti del tutto diversi o, per bambini più grandicelli, di lasciare libero sfogo alla fantasia attraverso l’esposizione orale di quelle sensazioni provocate dalle figure che si stagliano sul muro.
Esplicitamente rivolto ad un pubblico di bambini molto piccoli (2-3 anni), Il gioco delle ombre di Hervè Tullet può, a mio avviso, venire declinato ad una fascia anagrafica leggermente superiore senza perdere il suo carico di meraviglia, perché l’opera, in fondo, è tutto fuorché un libro e può dunque agevolmente trasformarsi in un gioco senza fine.
- Tullet, Hervé (Author)
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