Last Updated on 22 Marzo 2019 by Maestra Sara
Parte di una collana quasi sterminata, frutto del sodalizio artistico tra Orianne Lallemand e Éléonore Thuillier, Il Lupo che voleva cambiare colore è una brillante storia che invita i bambini ad accettare ed apprezzare la loro identità, cercando, al contempo di nascondere un po’ di didattica tra le pieghe della vicenda.
Se il leitmotiv de Il Lupo che voleva cambiare colore non è certo originalissimo, a conferire un alto valore al libro sono la forma e la struttura della narrazione; mai così divertenti e mai così spiritose.
Dato che parlare ai bambini di identità e autoaccettazione rappresenta ormai una strada tanto battuta da possedere autentici solchi all’interno, nei quali si rischia di perdersi, il duo di autori de Il Lupo che voleva cambiare colore ha scelto apertamente di riferirsi a topoi letterari al limite del cliché e di inserirli in un contesto spassoso e, come premesso, velatamente didattico.
Tutto il libro è infatti pervaso da una forte componente ironica che tende a sdrammatizzare i toni quasi tragici impiegati da altre narrazioni, per far comprendere al bambino come conoscersi e accettarsi facciano parte di una sorta di gioco vitale, da non prendere poi tanto sul serio.
Nella fase della vita dei bambini, generalmente compresa tra i 3 e i 4 annoi, in cui i piccoli tendono a confrontarsi con i loro simili, a percepire le prime differenze, estetiche e caratteriali, e magari ad invidiare qualità altrui, Il Lupo che voleva cambiare colore invita i bimbi a ragionare su quei paradossi che si creerebbero qualora volessimo davvero assomigliare a qualcun altro.
I tentativi di cambiare colore del lupo protagonista del libro finiscono sempre per dare vita ad esiti comici che suscitano immediata ilarità nei piccoli lettori e che li portano a comprendere, in modo indiretto, quanto cercare di essere se stessi fino in fondo rappresenti la strada migliore da percorrere.
Senza mai forzare la mano o trasfigurare la delusione del lupo, di fronte ai suoi travestimenti mancati, in una condizione di tristezza reale, il libro si prende allegramente gioco dei propositi irrealizzabili del suo protagonista, offrendo uno spunto al bambino affinché si immedesimi con il lupo quel tanto che basta per trovare un po’ di se stesso in quei goffi tentativi di snaturarsi.
in caso vi stiate chiedendo cosa c’entra la didattica in tutto questo, la risposta si trova nel fatto che il libro impiega una struttura basata sui giorni della settimana, offrendo ai lettori più piccoli un valido appiglio per prendere confidenza con la sequenza temporale che caratterizza lo scorrere delle loro giornate.
Se, oltre al valore e al contenuto della storia, decidete di impiegare l’albo per far memorizzare a vostro figlio i giorni della settimana e la loro sequenza, Il Lupo che voleva cambiare colore offre un appiglio validissimo, basandosi su quella corrispondenza univoca tra giorni e colori che rende più facile al bambino prendere confidenza con le nozioni che volete tramandargli.
Il Lupo che voleva cambiare colore, storia di un lupo deluso
Il Lupo che voleva cambiare colore è la storia di un enorme lupo nero che non ama il proprio colore, trovandolo deprimente, e che decide di provare a cambiare la sua tinta.
Il lunedì seguente decide dunque di tingersi il manto di verde con della vernice, ma, subito, resta deluso dagli esiti dell’operazione, trovandosi simile ad una grossa rana, dopo essersi specchiato.
Martedì, il lupo prova a vestirsi integralmente di rosso, rimanendo egualmente deluso dal risultato, per via di una velata somiglianza con Babbo Natale.
Mercoledì il lupo si introduce in una fattoria, ruba dei petali di fiore rosa e si ricopre integralmente il corpo, scoprendo di assomigliare ad una principessa e rimanendo ancora immancabilmente deluso.
Giovedì è la volta della tinta blu, ottenuta mediante il ricorso ad un bagno ghiacciato, e della consueta delusione relativa al risultato finale.
Venerdì il lupo prova a coprirsi il corpo con scorze d’arancia, ma neanche l’arancione lo soddisfa, dato che da lontano assomiglia ad una carota e da vicino ad una volpe.
Sabato è il giorno del fango, del marrone e della delusione derivante da una tinta anonima, dal cattivo odore e dal prurito diffuso su tutto il corpo.
Quando, la domenica, il lupo ruba le piume ad un pavone per agghindarsi, crede finalmente che la sua nuova colorazione variopinta gli si addica, ma, scopre presto che le lupe sono d’accordo con lui e, non trovando più un attimo di quiete, decide di desistere e di accettare con gioia la sua colorazione naturale.
Il Lupo che voleva cambiare colore: accettiamoci con gioia!
Come premesso, Il Lupo che voleva cambiare colore è un libro incentrato sull’identità e sull’autoaccettazione che si addice alla perfezione alle esigenze di bambini piuttosto piccoli, per via della sua intrinseca capacità di sdrammatizzare un problema, spesso percepito come gravoso, e di giocare allegramente con l’immaginario del bimbo.
Mentre letture come “Pezzettino” (per la recensione, clicca qui) si addicono cioè alle esigenze cognitive ed emotive di bimbi che hanno ormai superato il quinto anno di età, letture come Il Lupo che voleva cambiare colore ripropongono la stessa tematica in veste ampiamente edulcorata e fanno leva sui sentimenti di quei bambini più piccoli che si trovano interamente votati al gioco e all’allegria.
Non appena il vostro bimbo (o bimba) comincia a ritenersi insoddisfatto di una sua determinata caratteristica, Il Lupo che voleva cambiare colore potrebbe rappresentare un validissimo supporto per iniziare quel percorso verso l’autoaccettazione che inizia in prossimità del terzo anno di età e che si conclude dopo moltissimi anni, ammesso che si concluda mai davvero.
- Editore: Gribaudo
- Autore: Orianne Lallemand , Éléonore Thuillier
- Collana:
- Formato: Libro rilegato
- Anno: 2015