Last Updated on 31 Maggio 2022 by Maestra Sara
Ho deciso di intitolare questa recensione con un’abusatissima (e pure sbagliata, dal russo sarebbe: “Il mondo sarà salvato dalla bellezza”) di Dostoevskij, perché nulla come Il sogno di Matteo di Leo Lionni riesce a far comprendere al bambino lo stretto legame che congiunge estetica e morale.
Il sogno di Matteo non è un semplice tributo all’arte e alla sua capacità di trasformare lo spazio che circonda, riempiendolo di valore e colore, ma è un breve trattato di estetica per bambini che mostra come la bellezza debba essere il fine ultimo dei nostri sogni e delle nostre azioni.
A differenza di Federico (per la recensione, clicca qui), il topolino Matteo non persegue la bellezza per offrire sostegno all’anima quando fuori infuria la tempesta, ma cerca nella bellezza stessa una piena compenetrazione tra sogno e realtà, trovando un senso morale nella sua capacità di dar vita a ciò che risulta presente solo nella sua mente.
Matteo parte, in quest’ottica, dalla meraviglia per l’opera d’arte, per arrivare, dopo un lungo travaglio interiore, a comprendere come la vita stessa sia un’opera d’arte e come risulti possibile conferire valore a tutto ciò che, per sua stessa natura, risulta talmente sordido da essere immorale.
La dicotomia tra la squallida soffitta dove dimora Matteo e la meraviglia del Museo d’arte non è qui, come spesso erroneamente inteso, un’allegoria che separa povertà e ricchezza, ma il simbolo di quanto il grigiume, lo squallore, la penuria e la povertà stessa risultino talmente immorali da essere brutti, o talmente brutti da essere immorali, a seconda della prospettiva.
La folgorazione per la bellezza, sia essa la bellezza di un dipinto, la bellezza di un sogno o la bellezza dell’amore, è talmente forte, in Matteo da spingere il topolino a perseguirla ad ogni costo, riuscendo infine a portare splendore e moralità laddove miseria e tristezza regnavano sovrane.
Inseguendo il bello, Matteo trasforma, cioè, non solo la sua visione del mondo, il suo piccolo spazio privato o la sua vita, ma produce moralità per il resto del mondo, riuscendo a suscitare negli altri le stesse emozioni provate da lui e a portare speranza in uno scenario urbano dominato dalla disillusione e dalla rassegnazione.
Molto più complesso da spiegare che non da leggere ai bambini, Il sogno di Matteo apre ai lettori una nuova prospettiva sul mondo, invitandoli a fare in modo che i loro sogni fuoriescano dalla sfera onirica che li aveva generati, per permeare la realtà circostante di bellezza, coraggio, passione, colore e, infine, di quella particolare moralità che risiede nella nostra capacità di donare agli altri qualcosa di bello.
Inseguendo il suo sogno di dipingere il bello e l’amore, Matteo finisce dunque non solo per salvare il suo microcosmo e la sua famiglia dall’indigenza più assoluta, ma per salvare il mondo intero, regalando le stesse salvifiche speranze a chiunque osservi i suoi quadri.
Il sogno di Matteo, dalla soffitta al museo
Matteo è un piccolo topolino che vive in una soffitta fatiscente, polverosa e piena di ragnatele, in compagnia dei suoi genitori, ridotti ad una condizione di indigenza e miseria quasi assoluta.
Auspicando un futuro migliore per il loro unico figlio, il papà e la mamma di Matteo sperano che il loro topolino possa un giorno intraprendere la carriera medica, sfruttando i suoi successi scolastici, e salvare così l’intera famiglia dalla povertà.
Matteo, tuttavia, non desidera diventare medico ed ha le idee molto incerte sul suo futuro professionale; sostenendo stesso che l’unica cosa che desidera fare “da grande” è vedere il mondo, per cercare la bellezza oltre l’orrore della sua povera soffitta.
Un bel giorno, la maestra di Matteo conduce la classe in gita al Museo d’Arte, provocando nei topolini una sorta di estasi estetica di fronte a tanta meraviglia e a tanta varietà di soggetti e stili.
Completamente rapito dai quadri, Matteo si sofferma ad osservare un’opera in stile “cubista” che assomiglia, a prima vista ad una crosta bruciacchiata di formaggio e, in seconda istanza, al ritratto di un topolino.
Disorientato dall’insolito quadro, Matteo si trova faccia a faccia con una bella topolina, anch’essa meravigliata dalle opere presenti al Museo e volenterosa di scambiare opinioni in merito con il protagonista della storia.
La notte successiva, Matteo fa un sogno che lo proietta insieme a Nicoletta (questo il nome della topolina) in un universo magico fatto di forme e colori talmente vividi e suggestivi da fargli provare una gioia immensa e a da portarlo a desiderare di rimanere lì per sempre.
Al risveglio, Matteo viene pervaso da una tristezza sconfinata, derivante dalla bruttezza assoluta del suo microcosmo e dall’impietoso raffronto della sua soffitta con l’universo onirico appena percepito.
Proprio dalla dicotomia tra bruttezza e bellezza, Matteo inizia tuttavia a trasformare il mondo circostante, ad immaginare colori nel grigio quotidiano e comprende di voler diventare un pittore per mettere su tela tutta quella gioia che alberga in lui.
In primavera, Matteo realizza il suo sogno: sposa Nicoletta e diventa un pittore di successo, con tanto di opere esposte al Museo d’Arte.
Uno dei suoi quadri, in particolare, attira l’attenzione degli altri topolini e, ogni volta in cui qualcuno gli chiede il titolo dell’opera, lui fa finta di riflettere e risponde “Il sogno di Matteo”.
Leo Lionni, tra arte e poesia
Seconda opera dedicata da Leo Lionni al tema dell’arte, Il sogno di Matteo è un capolavoro di stile ed eleganza, in cui il ruolo dell’arte fuoriesce dai meandri della trama per incarnarsi in una serie di illustrazioni mai così belle e vivide.
Prima ancora di essere un superbo trattato di estetica per bambini e un inno all’arte in tutte le sue forme, Il sogno di Matteo è esso stesso un’opera d’arte, in grado di scaldare il cuore del piccolo lettore con un tripudio di splendide immagini oniriche e con una ricerca del bello che si distacca qui in maniera netta dalle primissime opere dell’autore, molto più simboliche e focalizzate sulla narrazione.
Dedicato a tutti coloro che credono nel valore delle cose belle, che vogliono trasferire ai proprio figli l’amore per l’arte e a tutti coloro che, sotto sotto, ritengono che il mondo possa ancora essere salvato dalla bellezza, al di là del semplice citazionismo.