Last Updated on 18 Novembre 2022 by Maestra Sara
“Una volta stabilito in maniera insindacabile che, per insegnare a leggere ai bambini, la fonetica riveste un ruolo prioritario (in maniera inversamente proporzionale all’età del piccolo allievo) e una volta insegnato al bambino una sorta di pre-alfabeto basato esclusivamente sui suoni che conosce, è ampiamente possibile cimentarsi con i segni grafici che compongono l’alfabeto vero e proprio.
Quando il bambino si trova cioè in grado di comprendere come la parola “Fame” (è la prima che mi è venuta in mente, perché è quasi ora di pranzo) è composta da quattro micro-unità (“f”-”a”-”m”-”e”) e che le suddette micro-unità possono combinarsi a piacere per dare vita ad altre infinite parole, il piccolo si trova finalmente pronto per iniziare un percorso di apprendimento di “tipo classico”.
Come osservato nel capitolo precedente, la pre-condizione necessaria ad insegnare a leggere ai bambini è rappresentata dalla nostra capacità di far comprendere al piccolo cosa sia una lettera, cosa una parola e che funzioni svolgano tutti quei suoni che emettiamo, in modo più o meno consapevole, nel processo di costruzione di una frase dotata di significato.
Il fatto che il bambino abbia interiorizzato quanto appreso e sia ora in grado, ad esempio, di elencare un breve numero di parole che iniziano con la “f”, vuol dire che, nel momento in cui andremo a proporgli cartelle e tabelle, il bambino ha già ben chiari i concetti di base legati alla costruzione di un linguaggio compiuto.
Via libera dunque a forbici e pennarelli ed iniziamo a costruire una sorta di alfabeto personalizzato, rivolto a fare presa sulla mente e sugli interessi di ogni singolo bambino.
Come memorizzare l’alfabeto
Senza perdermi troppo in dissertazioni ovvie, legate al fatto che l’alfabeto rappresenti la base semiotica per apprendere un linguaggio, risulta evidente a chiunque desideri insegnare a leggere ai bambini in età prescolare che la prima parte del “lavoro” andrà ad agire su una componente meramente mnemonica.
Condizione basilare per saper leggere è infatti quella di conoscere forma e suono di tutti gli elementi che compongono frasi e parole (sempre ovviamente); per cui, armatevi di pazienza e fate in modo che i bambini associno quegli elementi sonori che hanno ormai imparato a padroneggiare ad altrettanti segni grafici.
Dopo aver invitato il bambino ad enunciare una serie di parole che iniziano per “A”, prendete dunque un cartellino (o un cartoncino), scrivete la suddetta lettera “A”, accompagnando il quadro di insieme ad un disegno incentrato sulle medesimo parole che il piccolo ha appena pronunciato.
In sostanza, se il bambino ha appena incluso nella sua piccola categoria mentale legata alla lettera “A” le parole “Abito”, “Aranciata” e “Arca”, per esempio, preparate seduta stante un cartellino che associa al segno grafico “A” la raffigurazione di un abito, di un bicchiere di aranciata e di un’arca, evitando di istituire, al momento, ulteriori esempi.
Dato che, specialmente prima dei cinque anni, la mente è ancora saldamente legata a concetti figurativi, il metodo basato sulla riproposizione di immagini familiari al bambino consente una più agevole acquisizione della nozione, senza richiedere ulteriori astrazioni.
Mostrare ad un bambino che ha appena pronunciato la parola “Scoiattolo” un cartellino con la lettera “S” associata al sole, ad esempio, non presenta particolare controindicazioni, ma richiede un ulteriore sforzo al bambino, che deve ora astrarre la nostra lettera dalla nuova parola, dopo averla riconosciuta e scomposta.
Il mio consiglio è dunque quello di preparare cartoncini ad hoc per ogni bambino, di modo da fare leva sulle sue reali conoscenze già acquisite e di semplificargli il lavoro in fase di memorizzazione dei segni.
Per riuscire a far memorizzare l’alfabeto, è necessario procedere per gradi, mostrando al bambino 4 o 5 lettere per giorno e riproponendo le stesse, finché il piccolo non assocerà ogni singolo cartellino al simbolo corrispondente.
Non è importante, in questa fase dell’apprendimento, l’ordine con il quale decidiamo di insegnare le lettere ai bambini: se il bimbo desiderasse scoprire, il primo giorno, le fattezze della “T”, non vi è ragione alcuna per rimandare l’operazione e per seguire lo schema abituale (A, B, C, D, etc), dato che il suddetto ordine ha natura meramente convenzionale e che non incide minimamente sulla funzione delle lettere stesse.
Una volta apprese tutte le lettere, ripetete l’intera sessione, andando ad eliminare i disegnini dai cartellini che avevate creato, di modo da avere la certezza che il bambino sia in grado di riconoscere le lettere dell’alfabeto anche in assenza del supporto grafico che avevate creato per facilitargli le cose.
Infine, create una nuova tabella che presenti al suo interno l’alfabeto in tutta la sua totalità ed invitate il bambino ad esercitarsi nella lettura delle singole lettere, segnando eventualmente quelle che fatica a riconoscere e che necessitano di un ritorno alla “fase 1” mediante l’integrazione di nuovi supporti grafici.
Conclusa l’intera operazione, svariate volte, il bambino avrà acquisito dimestichezza con l’alfabeto e si potrà passare alla costruzione di sillabi e dittonghi, secondo una serie di schemi chi vi illustrerò nel prossimo capitolo della mia guida.
Alfabeto, alcune questioni fonetiche da chiarire
Se, per le vocali, non si pone nessun problema di sorta, riguardo alle consonanti esistono due differenti scuole di pensiero che prevedono di insegnare a leggere ai bambini spiegando loro, rispettivamente, come la lettera “C”, ad esempio, vada chiamata “Ci”, oppure semplicemente “C”(dura).
Premesso che entrambe le scuole di pensiero presentano vantaggi e problemi, io propendo decisamente per la “seconda scuola”, soprattutto in caso di bambini piuttosto piccoli.
Dando per assodato che nel “mondo degli adulti”, la lettera “C” si legge “Ci” (e via dicendo), quando cerchiamo di insegnare a leggere ai bambini, dobbiamo tenere presente che al piccolo interessa comprendere come comporre e scomporre le parole che legge e non apprendere una sorta di galateo ontologico sui linguaggi naturali.
Quando spieghiamo ai nostri bambini che la lettera “C” è una “C” (e non una “Ci”) forniamo subito ai piccoli lo strumento necessario per pronunciare correttamente i segni grafici che incontra, senza il doppio passaggio mentale rappresentato dalla sequenza di pensieri: ho visto una “C”, so che è la lettera “Ci”, ma che si pronuncia “C”; operazione piuttosto complessa per un bambino di 4 anni o poco più.
Il metodo legato all’insegnamento delle lettere in base a come si pronunciano porta in dote, come premesso, alcuni piccoli problemi, legati al fatto che il bambino risulterà palesemente confuso dal fatto che alcune lettere (la sopracitata “C” o la “G”, ad esempio), possono venire lette in due modi distinti e alternativi, a seconda della vocale che precedono.
Questa piccola impasse può comunque venire superata con l’esperienza e con alcuni esercizi, che vi spiegherò nel corso della mia ultima lezione, quando affronterò la gestione delle “eccezioni” nella lingua italiana.
Tornando a noi, consiglio dunque di insegnare a leggere ai bambini utilizzando il metodo che prevede la “C” come semplicemente “C” e sottolineo che il mio consiglio è quasi tassativo nel caso di bambini di 4 anni, mentre ci si può votare in direzione di altre strade se ci riferiamo a bambini che si avvicinano ai sei anni e si trovano in grado di astrarre nozioni in modo più agevole.
Per imparare la corretta denominazione delle lettere, c’è tutto il tempo del mondo e il processo non incide affatto sulla capacità di lettura, dato che noi stessi saremmo perfettamente in grado di leggere la parola “Fame”, anche se nessuno ci avesse mai spiegato che la lettera “F” possiede una denominazione completa che suona come “Effe”.
Evitiamo dunque, in questa prima fase, di confondere troppo le acque, rimandando i chiarimenti sui nomi arbitrari dei simboli fonetici ad una fase successiva dell’apprendimento, da svolgersi solo quando il bambino avrà realmente imparato a leggere e comprendere un testo scritto.”
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