Last Updated on 5 Aprile 2022 by Maestra Sara
Tanto affiatati da diventare quasi un unico autore, Julia Donaldson e Axel Scheffler rappresentano il più mirabile esempio di quanto un sodalizio tra sensibilità affini possa tradursi in una collaborazione professionale tanto prolifica da diventare quasi infinita.
L’unione professionale tra la geniale autrice Julia Donaldson e l’abilissimo illustratore Axel Scheffler ha infatti regalato alla letteratura per l’infanzia alcuni dei suoi momenti più alti e divertenti, dando vita ad una galleria di personaggi talmente vivi e vividi da fissarsi nell’immaginario collettivo alla stregua di archetipi e icone, con la stessa forza delle fiabe classiche.
Tutti scritti i rima, secondo un incedere poetico a metà tra l’epica classica e la cantilena, i libri della Donaldson e di Scheffler sono talmente godibili e immediati da rendere i personaggi riconoscibili ad un primo sguardo, anche agli occhi di chi si accosta per la prima volta alle loro opere.
Dopo aver studiato recitazione e aver iniziato il suo percorso professionale con la scrittura di alcuni motivetti dedicati a programmi televisivi per bambini, la poliedrica Julia Donaldson ha scoperto la vocazione per la scrittura, portando con sé, nel suo nuovo viaggio, molti degli elementi che avevano caratterizzato i suoi primi passi nel mondo dello spettacolo e delle produzioni per l’infanzia.
Leggendo uno dei moltissimi libri per bambini composti dalla Donaldson si ha subito l’impressione di percepire una narrazione fortemente orientata alla musicalità e fortemente adatta a prestarsi alla drammatizzazione, quasi come se ogni parola fosse una sorta di nota, utile a comporre un tutt’uno armonico.
Quasi come se il destino avesse preparato il terreno per la rinnovata vocazione artistica della Donaldson, poco dopo aver iniziato il suo lunghissimo viaggio nel mondo delle storie per bambini, Julia conosce Axel Scheffler, brillante illustratore in grado di dare un volto ben preciso a quel complesso di parole, suoni e armonie ideato dall’autrice inglese.
Accade così che il geniale intreccio armonico e narrativo di Julia Donaldson trovi un contraltare figurativo nel personalissimo stile di Scheffler e che i due maestri si fondano quasi, fino a dare vita ad un binomio ormai percepito da pubblico e critica alla stregua di un’unica entità.
La comunione di intenti, l’immediata comprensione reciproca e la complementarità del duo fanno sì che la coppia Donaldson-Scheffler divenga da subito molto prolifica, continuando ad inanellare capolavori illustrati in rapida sequenza.
Visivamente sospesi tra il fumetto e il cartone animato, i personaggi creati da Julia Donaldson e ritratti da Alex Scheffler si trasformano infatti rapidamente in archetipi narrativi, in grado di incarnare lo spirito di avventura dei bambini e di veicolare, al contempo, messaggi morali e didascalici di primissimo livello.
Julia Donaldson e Axel Scheffler: guida alle opere
Oltre al capolavoro assoluto “Il Gruffalò” (per la recensione ti rimando a fondo pagina) e all’ottimo seguito, “Il Gruffalò e la sua piccolina” Julia Donaldson e Axel Scheffler hanno dato vita ad una quantità di opere impossibili da recensire nel corso di un singolo post, per cui mi soffermerò su due testi che, a mio avviso, non hanno nulla da invidiare alle meravigliose avventure del Gruffalò.
Il primo libro del quale voglio parlarvi è “Il Gigante più elegante”; meravigliosa avventura che ricalca lo stile e i messaggi della miglior tradizione fiabesca (Wilde in primis) trasponendo un intero universo morale all’interno di un racconto tanto divertente, quanto lirico.
Storia di un gigante, di nome Adalberto, vestito di stracci che sogna di diventare elegante, il racconto si articola lungo una serie di incontri che portano il protagonista della narrazione a comprendere come la vera eleganza sia una qualità dello spirito e non del vestiario.
Dopo aver comprato finalmente gli agognati vestiti nuovi ed essersi beato del suo nuovo look, il Gigante si imbatte infatti in una serie di persone bisognose che necessitano di aiuto e che possono venire salvate solo attraverso la rinuncia di un capo di abbigliamento o di un determinato accessorio.
Senza mai pensarci due volte, il Gigante dona felicemente i pezzi che compongono il suo vestito nuovo a coloro che si trovano in difficoltà, finendo con il vestirsi con i suoi vecchi stracci, precipitosamente abbandonati, ma ottenendo in dono la riconoscenza dell’intera cittadina.
Pur sentendosi ora “amato” e non “elegante”, il Gigante comprende alla fine l’importanza dei beni immateriali e l’idea di uno “stile” che prescinde dal possesso di abiti nuovi.
Molto vicino alla sensibilità espressa da Wilde ne “Il principe felice” (seppur con toni infinitamente meno lirici e drammatici), “Il Gigante più elegante” rappresenta forse il culmine emotivo dell’intera produzione di Julia Donaldson e Axel Scheffler e un testo in grado di agire ad un livello intimo della mente dei bambini, portando in dote un messaggio salvifico.
Il secondo testo che vorrei introdurre per chiarire, a neofiti ed appassionati, le peculiarità narrative della coppia Donaldson-Scheffler è “Zog”; piccolo capolavoro ad ambientazione medievale che impiega gli archetipi avventurosi per condurre il bambino alla scoperta di un’altra superba parabola morale.
“Zog” è infatti un’azzeccatissima metafora sulla scuola e sull’insegnamento che pone, di nuovo, in modo netto la dicotomia tra “essere” e “fare”, mostrando al bambino come i valori morali non si trovino necessariamente associati ad abilità pratiche di varia natura.
Molto vivido e magnificamente rappresentato, Zog è un draghetto che frequenta, con esiti piuttosto scarsi, una fantomatica scuola per draghi, con l’intento di poter acquisire un giorno le caratteristiche che definiscono le spaventose creature.
Per quanto Zog tenti e ritenti, i suoi insuccessi scolastici si fanno sempre più marcati ed evidenti, ma lo portano, al contempo, a stringere amicizia con una gentile ragazza di nome Sabrina che cura le sue ferite (generalmente autoinflitte, per via della sua goffaggine) e che lo porta a scoprire, in modo indiretto, la sua vera natura.
Il libro termina con Zog che trova la sua autentica vocazione e che si mette al servizio di Sabrina, aspirante infermiera, e di un cavaliere-medico in qualità di “ambulanza volante”, andando a portare gioia laddove c’è dolore.
Utile da leggere ai bambini collocati in quella fascia d’età dove i successi o gli insuccessi scolastici rappresentano spesso un discrimine per la felicità del bimbo, Zog non è logicamente un invito a trascurare i proprio doveri e i propri compiti, ma a riflettere su quelle che sono le nostre reali attitudini.
Al pari del piccolo draghetto protagonista del libro, il bambino che si impegna e che non riesce a conseguire i risultati desiderati va aiutato e indirizzato verso una vocazione, magari imprevista, che possa realizzarlo a pieno, anche a dispetto delle convenzioni e di quelle consuetudini che prevedono i voti scolastici alla stregua di giudizi assoluti sulla persona.
Per quanto sicuramente importantissima e funzionale alla realizzazione di un individuo, la scuola non è in realtà che una sfaccettatura di un quadro molto più ampio che definisce il bambino e non vi è ragione alcuna per ossessionare i piccoli oltre le soglie del consentito.
I bambini andrebbero infatti stimolati a fare sempre meglio, ad impegnarsi, a cercare di prestare maggior attenzione e soprattutto a chiedere aiuto quando un concetto sembra troppo ostico; senza quella componente distruttiva che ci porta spesso a non comprendere le reali cause di un insuccesso e a credere che i nostri bambini siano poco intelligenti o sfaticati.
In quest’ottica, Zog è un’azzecatissima metafora dell’excursus scolastico, che invita il bambino a non abbattersi, in caso di insuccesso, e a comprendere come la sua vera essenza non sia (e non sarà mai) definita dall’abilità di destreggiarsi con i numeri o le lettere dell’alfabeto.
Maldestro, pasticcione e poco portato per le materie “convenzionali” (ovviamente riferite ad un ambito fantastico), Zog trova una sorta di rivalsa sulle sue angosce, solo quando riesce ad esprimere la sua vera natura e a trovare il suo posto nel mondo; un posto ricco di valore e significato, al pari di quello occupato dai suoi coetanei più dotati.
Julia Donaldson e Axel Scheffler per i più piccoli
Se le due opere appena citate si riferiscono ad una fascia di età compresa tra i quattro e i sei anni, è mio dovere informarvi che Julia Donaldson e Axel Scheffler hanno composto numerose opere perfettamente in linea con le esigenze cognitive ed emotive di bambini più piccoli e che, quindi potete iniziare a cimentarvi con la meravigliosa coppia senza attendere troppo.
Un esempio di testo azzeccatissimo, spiritoso e divertente, che può venire perfettamente afferrato in tutto il suo senso da un bambino piuttosto piccolo è ”Dov’è la mia mamma?”, ironica opera strutturata su differenti livelli d’accesso intellettuali.
Storia di una scimmietta che ha perso la sua mamma e che cerca di farsi aiutare nella sua ricerca da una simpatica farfalla, completamente all’oscuro della fisionomia che denota una “mamma scimmia” (in inglese il testo si chiama “Monkey Puzzle”), ”Dov’è la mia mamma?” è infatti composto in modo da far leva sulla componente emotiva dei bambini più piccoli e su quella razionale nei lettori più grandicelli.
La stessa storia possiede infatti due chiavi di lettura diverse a seconda dell’uditore e risulta, proprio per questo, ideale per bambini di età e inclinazioni differenti.
Un bambino di tre anni, per esempio, alle prese con il libro verrà trascinato in un turbine di emozioni legate alla manifestazione della sua paura più grande (la perdita della mamma, appunto), mentre un bimbo più grandicello si divertirà con gli equivoci presenti nella vicenda e riderà delle sue, ancora limitate, capacità di sintesi.
Valido tanto in veste di avventura, quanto in ottica parodistica, ”Dov’è la mia mamma?” potrebbe dunque essere il testo perfetto per tutti coloro che vogliono avvicinarsi al mondo di Julia Donaldson e Axel Scheffler in compagnia di bambini ancora piuttosto piccoli e poco a loro agio con doppi sensi e sforzi intellettuali riferiti alla trama.
Come premesso a più riprese, la produzione di Julia Donaldson è talmente sterminata, variegata e iconica che occorrerebbe un’intera monografia per poter trattare alla perfezione tutti i loro libri e per fornire una chiave di lettura esaustiva, relativa ad altre piccole gemme come “La Strega Rossella” o “La chiocciolina e la balena”, anch’essi autentici classici per l’infanzia al pari delle opere più note.
Non disponendo dello spazio materiale per definire pienamente il mondo di Donaldson-Scheffler, mi limito a qualche considerazione finale sullo stile grafico utilizzato nei loro libri, rimandandovi alla totalità del mio sito per ulteriori recensioni dettagliate.
Da un punto di vista puramente visivo, gli albi ideati da Julia Donaldson e illustrati da Alex Scheffler rappresentano un mirabile esempio di quanto risulti possibile attingere da un immaginario antecedente, senza mai ricalcarne le orme o scadere nel “già visto”.
Pur impiegando uno stile grafico in parte assimilabile a quello impiegato dai cartoni animati, comprensivo di immagini molto vivide e di personaggi pervasi da un’iper-espressività perenne, Axel Scheffler riesce comunque a pervenire ad uno stile personalissimo e a rendere le sue “creature” uniche nel loro genere.
L’impiego di colori, netti, marcati e talvolta poco convenzionali (il giallo e il marrone sono spesso predominanti), rende infatti albi illustrati come “Il Gruffalò” o “Zog” parte integrante di una lunga tradizione illustrativa e, al contempo, elementi a sé stante nel panorama grafico di riferimento.
Anche qui, non esiste alcun ordine predefinito o prestabilito per approcciarsi alle opere di Julia Donaldson e Axel Scheffler, trovandosi (quasi) tutti i loro libri a riprodurre un fortunato schema vincente che abbina una narrazione avventurosa, un incedere musicale della parola scritta e un’iconografia molto ludica e spiritosa.
Leggendo un qualunque libro della coppia di autori si ricava subito un’idea precisa di quale sia la poetica che pervade la loro opera per intero e di cosa ci si può aspettare, una volta passati al libro successivo.
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