Last Updated on 14 Dicembre 2018 by Maestra Sara
Storia decisamente invernale, da leggersi davanti ad una tazza di cioccolata calda, Le invenzioni antifreddo di Stina, di Yani Lamamoto, è una brillante metafora sull’isolamento in cui cadiamo ogni volta in cui le nostre paure prendono il sopravvento su di noi.
Il terribile gelo avvertito dalla protagonista del libro è qui infatti un vivido e pittorico espediente per parlare al bambino di come la capacità di uscire dalle nostre gabbie mentali porti in dote il superamento delle stesse paure che le avevano generate.
Storia di una bambina che trascorre gli inverni segregata in casa per paura di poter provare un freddo impossibile da sopportare, Le invenzioni antifreddo di Stina è un infatti un poetico affresco infantile, incentrato su quella capacità di condividere le nostre emozioni che ci libera dal loro stesso potere, portandoci a comprendere come l’esperienza non risulti spesso terribile come l’avevamo immaginata.
Se Stina decide di uscire dallo stato di reclusione in cui si era volontariamente reclusa, lo deve ad una sorta di anelito alla socializzazione che le fa capire come le nostre sensazioni corporee e le nostre paure siano spesso il prodotto di un’idea preconcetta, alimentata dal solipsismo.
Se proviamo a pensare ad ogni nostra paura, ci rendiamo immediatamente conto di quanto il solo fatto di parlarne ne depotenzia l’impatto emotivo sulla nostra psiche (in fondo, gli psicoterapeuti esistono proprio per questo).
Al contrario, vivere in una condizione di isolamento sociale, porta spesso le nostre paure ad assumere i contorni della paranoia e ad agitarsi di continuo nella nostra mente, fino a condurci verso una sorta di “scacco matto” che rende impossibile la ricerca di una soluzione al problema.
Libri come Le invenzioni antifreddo di Stina mostrano al bambino la validità di quell’antico assunto che prevede la verità come prodotto del confronto e che ci invita a superare le idee malsane partorite all’interno della nostra clandestinità emotiva.
Raffrontando il suo universo emotivo con due bambini che si trovano a vivere una condizione sensoriale quasi diametralmente opposta alla sua, la piccola protagonista di Le invenzioni antifreddo di Stina scopre come la vita possa anche essere diversa da come l’aveva immaginata fino ad ora e come il freddo avvertito fosse più il prodotto della sua mente che non una reale condizione debilitante.
Le invenzioni antifreddo di Stina, storia di una ragazzina freddolosa
Le invenzioni antifreddo di Stina è la storia di una ragazzina che soffre il freddo a tal punto da non mangiare gelati, da non toccare mai metallo e da vestirsi tutto l’anno come se si preparasse ad una lunga esplorazione dell’Antartico.
Se, tutto sommato, durante l’Estate, Stina riesce agevolmente a “sopravvivere” di fronte alle terribili minacce rappresentate dalle piscine e dalle “gelide” brezze che si levano al tramonto, l’Inverno rappresenta, agli occhi della bambina, un ostacolo insormontabile.
Non appena le temperatura calano, Stina si richiude quindi in casa con una scorta di provviste e coperte degna di un bunker anti-atomico, trascorrendo la maggior parte delle giornate a letto, ricoperta dal suo caldissimo e immenso piumone bianco trapuntato.
In totale solitudine, trangugiando zuppe di avena calde, leggendo libri accanto al fuoco e rannicchiandosi a letto, Stina attende dunque che l’Inverno trascorra il più rapidamente possibile, senza mai prendere il considerazione una reale alternativa alla sua lunga reclusione.
Un bel giorno, tuttavia, mentre Stina cerca di perfezionare i suoi “metodi antifreddo”, scorge quasi per sbaglio, fuori dalla sua finestra, dei ragazzini che giocano felici in mezzo alla neve e si domanda come la cosa sia possibile.
La curiosità di Stina spinge la ragazzina, giorno dopo giorno, ad osservare sempre più attentamente quegli strani bambini che si divertono all’aria aperta, incuranti del vento che si infila sotto i loro maglioni e della neve che li ricopre, penetrando i loro stivali.
Man mano che l’Inverno prosegue, Stina prova sempre più freddo, tanto da trascorrere un numero crescente di ore a letto sotto il piumone, in uno stato di semi-incoscienza quasi letargico.
Risvegliata dal suo letargo da alcune voci e dal suono di qualcuno che bussa alla porta, Stina trova le forze per alzarsi e andare ad aprire, accogliendo in casa sua i due ragazzini che aveva visto giocare all’aperto.
Con sua somma sorpresa, scopre che i due bambini, a differenza sua, soffrono in modo piuttosto marcato il caldo, tanto da spogliarsi non appena Stina accende il fuoco e tanto da voler costruire una gigantesca palla di neve, in grado di resistere persino al caldo estivo.
La feconda amicizia stretta con i due nuovi amici, spinge Stina a voler superare la sua paura del freddo, pur di poter giocare ancora con loro, e accade così che la piccola protagonista della storia, nel corso di una notte piuttosto gelida, esca all’aperta, assaggi un fiocco di neve e smetta, quasi per incanto, di sentire freddo.
Le invenzioni antifreddo di Stina, il freddo della solitudine
Come premesso, Le invenzioni antifreddo di Stina è una brillantissima parabola che mostra al bambino (e all’adulto) i rischi connessi con l’isolamento volontario e con il troppo campo libero lasciato alle nostre paure.
Le invenzioni antifreddo di Stina è un libro che invita il bambino ad uscire, metaforicamente, all’aperto, a giocare con i suoi amici e a condividere le sue preoccupazioni con tutti coloro che si trovano in possesso di universi emotivi e sensoriali del tutto differenti.
Grazie all’incredibile visione di due ragazzini che osano persino giocare in mezzo alla neve, nella mente di Stina si apre uno spiraglio di possibilità che si trasformerà, nel corso della storia, in un’autentica porta, da aprire e spalancare la mondo esterno, in barba alla furia degli elementi e al gelo che tutto imbianca e tutto copre.
Piuttosto scorrevole, di facile lettura e superbamente illustrato, Le invenzioni antifreddo di Stina è dunque un albo che può venire fruito a partire dai 4 anni, ma che acquista il suo pieno significato solo quando il bambino inizia a provare quel freddo della solitudine che impedisce di vedere le cose per quello che sono davvero, oltre le nostre proiezioni mentali.