Last Updated on 21 Maggio 2018 by Maestra Sara
Mi vorrai sempre bene, mamma? è uno di quei classici albi illustrati che si rivolgono ai bambini, ma che, in realtà, sfruttano il loro potenziale narrativo per strappare torrenti di lacrime ai genitori; lieti di vedersi finalmente ritratti in una sorta di distillato emotivo che rappresenta alla perfezione la loro essenza, o quantomeno un ideale al quale vorrebbero tendere.
Se il mondo è infatti pieno di storie rivolte a spiegare al bambino la natura dell’amore genitoriale, Mi vorrai sempre bene, mamma? lo fa con una grazia e con una leggiadria in grado di compiacere quell’animo adulto in cerca di uno squarcio poetico sui propri sentimenti e sugli infiniti sforzi che compie per portare a termine l’ardua missione educativa.
Intendiamoci, Mi vorrai sempre bene, mamma? è a tutti gli effetti un libro per bambini, dai marcati intenti emotivi e pedagogici, ma presenta al suo interno una componente quasi impalpabile che lo rende appetibile anche agli occhi degli adulti e che funge da perfetto specchio per quell’ideale di genitorialità che tutti noi accarezziamo quotidianamente.
La sapiente opera ideata da Astrid Desbordes e illustrata da P.Martin è infatti strutturata come un poema, che sfrutta una lunghissima serie di dicotomie e contrasti per giungere ad una medesima conclusione e per far capire al bambino (e alla mamma) quanto l’amore che li lega non si agganci ad una contingenza specifica, ma si trovi ad essere assolutamente incondizionato.
Prima di addentrarmi nei meandri del libro, mi preme tuttavia chiarire come proprio il concetto di “incondizionato” rappresenti per i bambini al tempo stesso un paradosso e una conferma e perché questo albo, forse più di ogni altro, è in grado di chiarire davvero ai giovani lettori la natura di un sentimento che prescinde dalle condizioni esterne.
Il bambino sospeso tra i suoi “per sempre” e una serie di condizioni fisse
Quanti di voi si trovano alle prese con un bambino in età prescolare avranno senz’altro notato (non notarlo è pressoché impossibile) come la locuzione temporale “per sempre” investa ogni domanda relativa ad uno stato di benessere temporaneo.
Quando il piccolo prova piacere nello svolgimento di una determinata attività o trae sollievo dalla sua condizione attuale è portato a domandarsi se risulta possibile protrarre all’infinito la suddetta condizione, nel timore di perdere quanto ritiene prezioso.
“Ma potrò giocare con Marco per sempre?”, “Mi canterai per sempre la ninna nanna?”, “Potrò sempre avere un regalino?” sono proposizioni che denotano, da un lato, la paura che la condizione piacevole muti e, dall’altro, la sopraccitata volontà (insita nell’animo umano) di distillare dalla vita tutti quei momenti piacevoli che la rendono degna di essere vissuta a pieno.
Tralasciando per un momento il versante antropologico, che non scompare mai del tutto (quante volte ci chiediamo se il nostro o la nostra partner ci amerà per tutta la vita?), la preponderanza dei “per sempre” infantili è dettata dal fatto che il bambino vive in un universo semantico dove tutto è concatenato e dove le cose piacevoli appaiono fortemente condizionate ad una serie di regole e premesse.
Ogni bambino sa perfettamente che il suo poter mangiare un dolcetto, giocare all’aperto, ricevere un regalo sono soggetti a condizioni ben precise e che se non si comporta bene, fuori piove o ha il mal di pancia, non potrà vedere esauditi i suoi desideri.
Il ferreo schema di ricompense e condizioni che viene comunemente applicato all’educazione dei bambini porta logicamente a sospettare che anche i beni più grandi ed impalpabili siano soggetti a ben precise restrizioni normative e che, quindi, persino l’amore materno possa trovarsi ad essere temporaneo e ondivago.
Letture come Mi vorrai sempre bene, mamma? aiutano il piccolo a scindere la componente condizionata della realtà da quella incondizionata e a capire che i sentimenti prescindono dal comportamento del bambino o da condizioni esterne.
Chiarendo la natura dell’amore materno (e paterno) ai bambini, si rafforza in loro l’idea che esista qualcosa davvero assimilabile ai vari “per sempre” e si comincia a separare in modo marcato il mondo dei sentimenti dalle loro manifestazioni esteriori; quelle sì, davvero ondivaghe e condizionate.
Con una chiarezza disarmante, Mi vorrai sempre bene, mamma? spiega cioè al piccolo che la mamma non smette mai di volergli bene, nemmeno quando il bambino pare non soddisfare a pieno le sue presunte aspettative e quando si mostra in collera con lui, chiarendo infine la vera natura di quanto è realmente incondizionato e, dunque, avulso dal sistema di ricompense nel quale il bimbo vive e opera.
Mi vorrai sempre bene, mamma?, una splendida poesia d’amore
Il libro prende il via con un bambino che, al momento di coricarsi, chiede alla mamma se gli vorrà bene per sempre e con una madre che inizia a chiarire, attraverso contrasti e dicotomie, la natura del suo amore per il piccolo.
Ogni coppia di pagine presente nel libro mostra infatti situazioni e peculiarità di natura antitetica, accomunate dal filo conduttore rappresentato dal bene materno che supera e concilia gli opposti nel corso di una sintesi simbolica e mai dialettica.
La mamma inizia a spiegare al bambino che gli ha sempre voluto, la prima volta che lo ha visto e quando ancora non lo conosceva, per poi spiegargli come il suo amore non sia legato a nessuna manifestazione esteriore, dato che né l’essere in collera, né l’essere in pace con il bambino possiedono la minima influenza sulla natura del sentimento.
Mi vorrai sempre bene, mamma? prosegue poi ad addentrarsi sempre più nello specifico della natura dell’amore materno, spiegando al piccolo come la mamma gli voglia bene quando fa le cose a “modo suo” e quando non lo fa, quando è nei pensieri del bimbo e quando il piccolo si trova invece in tutt’altre faccende affaccendato.
Senza voler esplicitare in questa sede tutte le dicotomie che compongono l’opera, dato che l’incedere del binomio narrazione-immagine è centrale nello scenario emotivo suscitato dal libro, anticiperò il finale, rivelandovi un’inversione di prospettive che porta Mi vorrai sempre bene, mamma? esplicitamente ad essere un’opera che mira chiara anche verso un pubblico adulto.
Il libro termina infatti con la mamma che comprende come la natura del suo bene sia necessariamente vincolata alla felicità del piccolo e come quello stesso bene sancirà un giorno il distacco tra i due, dato che la madre dovrà necessariamente accettare di buon cuore che suo figlio vada serenamente per la sua proverbiale strada.
Le ultime parole del libro sono infatti “anche se so che non mi appartieni” e si rivolgono apertamente a tutti quei genitori che, a loro volta, condizionano il loro amore (in modo sicuramente più inconscio) ad un’idea di possesso che aliena i veri tratti dell’amore incondizionato.
Mi vorrai sempre bene, mamma? Un libro per tutte le età
Abbiamo dunque chiarito le ragioni che portano Mi vorrai sempre bene, mamma? ad essere un autentico capolavoro della pedagogia sotto forma di poesia e uno dei migliori libri illustrati per bambini di sempre.
Da leggersi in quella fase (3-5 anni) in cui la dicotomia tra “per sempre” e condizioni è decisamente marcata, Mi vorrai sempre bene, mamma? aiuterà le mamme a spiegare la natura del loro amore incondizionato ai bambini; con il rischio che, a lettura terminata, il piccolo sorriderà felice e non capirà perché noi stiamo piangendo come delle fontane.