Last Updated on 12 Novembre 2018 by Maestra Sara
Tutti coloro che ritengono che le opere letterarie per bambini debbano necessariamente presentare un certo grado di complessità per raggiungere il loro obiettivo, dovrebbero cimentarsi con la lettura di Non è una scatola; (non) libro tanto semplice, quanto geniale.
Pur ricalcando archetipi letterari antichi quasi quanto la scrittura stessa (avete presente “La sedia blu” o “Sulla Collina”?), Non è una scatola riesce infatti ad apparire subito come un piccolo capolavoro, anche a fronte di un numero di pagine esiguo, di una narrazione quasi accennata e di illustrazioni palesemente stilizzate.
Cosa rende, dunque, tanto speciale un libro che, a prima vista, si presenta come un crogiolo di banalità assolute e di luoghi tanto comuni da risultare quasi feroci (De Andrè mi perdoni per l’incauta citazione)?
Semplice: Non è una scatola non vuole essere un libro, ma un brevissimo affresco emotivo sull’universo infantile e sulla sua capacità di astrarre la realtà di fatto dalla sua comune funzione quotidiana.
Non è una scatola non punta cioè ad architettare una trama appassionante, a far riflettere i bambini mediante l’elaborazione di implicazioni morali o a tenerli col fiato sospeso per tutta la durata della storia; Non è una scatola vuole semplicemente mostrare al lettore (grande e piccino) quello che un bambino è davvero, in relazione al suo modo di relazionarsi al mondo esterno.
Avevo per un attimo pensato di spiegare questo libro facendo ricorso alla fenomenologia e alla dottrina di Husserl, ma (temendo di creare confusione superflua), cercherò di essere il più diretta e sintetica possibile, di modo di rendere omaggio ad un testo che ha trovato nella sintesi il suo maggior punto di forza.
Una delle differenze sostanziali tra il mondo visto dagli occhi del bambino e quelli di un adulto, consiste nel fatto che i più piccoli proiettano sugli oggetti esterni la loro interiorità, astraendoli dalla loro univocità e scorporandoli dalla funzione per la quale erano stati concepiti.
Se noi ci mettiamo in questo momento a fissare una biro e cerchiamo di attribuire all’oggetto in questione un senso del tutto diverso, facendo finta, ad esempio, che sia una spada laser, rimarremo prigionieri entro breve di quell’universo semantico nel quale siamo cresciuti e ricondurremmo il nostro oggetto alla sua forma e alla sua funzione, stufandoci dopo pochi istanti della nostra finzione.
Tutto questo accade perché, crescendo, l’essere umano associa in modo univoco ogni significante al suo significato, onde evitare di trovarsi prigioniero di quella perenne confusione mentale che gli impedisce di orientarsi in un mondo relazionale, in cui ogni cosa svolge una funzione ben precisa.
Questo processo associativo, tuttavia, nel bambino ha luogo solo in forma parziale, perché la mente dei più piccoli non è ancora votata all’univocità (per ragioni di natura antropologica) e perché la fantasia consente al bimbo di trasformare il mondo in un modo molto più profondo del nostro, fino a convincerlo di vedere davvero dell’esistenza di ciò che è, di fatto, solo simulato.
Giusto per far un ulteriore esempio: se noi indossassimo in questo momento un vestito economico e cercassimo di far finta di sfilare con un capo di Giorgio Armani, inizieremmo a sentirci ridicoli dopo aver compiuto il primo passo fuori dalle mura domestiche.
Se, al contrario, provate a regalare una comunissima maglietta rosa ad una bambina molto piccola (direi sotto i 5 anni), invitandola a credere che sia un abito da principessa, la bimba inizierà a sentirsi davvero una principessa e mostrerà orgogliosa la sua nuova veste ad amici e parenti.
Non è una scatola rappresenta esattamente questo meraviglioso meccanismo mentale che divide il mondo degli adulti da quello dei bambini: se un bimbo crede che un semplice scatolone possa trasformarsi in un razzo o un palazzo in fiamme, quella scatola diventa davvero l’oggetto della sua fantasia.
Avete presente la sequenza presente nel romanzo “IT” di Stephen King in cui i bambini, prima di entrare nella diabolica casa di Neibolt Street, si interrogano su cosa accadrebbe se ci fosse anche un adulto con loro ad aiutarli?
Bene, non accadrebbe nulla, perché la mente dell’adulto non può percepire quella biunivocità che i bambini riescono ad accettare senza impazzire; cosa, che per altro, si verificherà nel romanzo, a testimonianza di quanto il dominio della fantasia sia esclusivo appannaggio dei più piccoli.
Non è una scatola, storia di una non-scatola
Come premesso, Non è una scatola è un libro semplicissimo che si compone di coppie di tavole alternate che presentano, rispettivamente, il punto di vista del bambino e quello dell’adulto in relazione alla natura di uno stesso oggetto.
Realizzato da Antoinette Portis, il non-libro inizia con un coniglietto stilizzato seduto all’interno di uno scatolone e con una didascalia che interroga il piccolo protagonista sulle ragioni che lo hanno portato a sedersi all’interno della suddetta scatola.
Nella coppia di pagine successive, Non è una scatola giunge al primo ribaltamento di prospettive, mostrando come la scatola si trasformi, per volontà del coniglietto, in auto da corsa e come non sia, per tanto, una “vera” scatola.
Nel passaggio successivo, la “voce dell’adulto” interroga il coniglietto sul perché si trovi intento a bagnare la scatola, senza riuscire a comprendere (di nuovo) che l’oggetto del gioco non è una scatola, ma un palazzo in fiamme, avvolto da un incendio che chiede solo di essere domato.
Nel corso delle poche pagine seguenti, la scatola si trasforma in una nave di pirati, in una mongolfiera, fino a raggiungere, per bocca dello stesso coniglietto, il suo status definitivo di non-scatola; metafora di quel contenitore astratto che solo la fantasia dei bambini riesce a riempire fino in fondo di significati nuovi.
Non è una scatola, l’arte della semplicità
Come ampiamente premesso, Non è una scatola è un libro tanto semplice ed essenziale da essere quasi un non-libro (come palesato dalla copertina, che riporta il peso netto dell’opera); ma un meta-contenitore nel quale riporre il libero sfogo della fantasia.
Inserito in numerosi percorsi didattici dalle scuole d’infanzia di tutto il mondo, Non è una scatola potrebbe essere un ottimo primo passo da compiere per avvicinarsi al modo in cui i bambini osservano il mondo e per cercare di stabilire con loro un allaccio ludico che ci consenta di entrare in quell’universo fatato, ovviamente in punta di piedi.
Leggendo Non è una scatola, ogni bambino non esiterà a ritrovare se stesso, le sue convinzioni e le sue legittime ostinazioni nei meandri dell’esile trama; così come ogni adulto si vedrà riflesso all’interno di uno specchio che lo invita a deporre le sue remore e ad entrare nella psiche infantile.
Leggete dunque Non è una scatola e, al termine della lettura, calatevi con lui in quell’universo meraviglioso in cui una penna può diventare una spada laser e una maglietta rosa si trasforma in un costume da principessa, senza la paura di sembrare ridicoli o annoiati, come solo noi adulti sappiamo (purtroppo) essere.
- Portis, Antoinette (Author)