Last Updated on 30 Settembre 2021 by Maestra Sara
Le primissime letture per bambini piuttosto piccoli rappresentano uno snodo cruciale nel lungo percorso letterario dei pargoli, dato che segnano una sorta di imprinting destinato a fornire ai giovani lettori una prima impressione, più o meno gradevole, relativa ai libri e alla possibilità di un approccio corretto.
Prima di concentrarci sulle primissime letture in quanto tali, risulta di importanza vitale cercare di comprendere quale sono le peculiarità emotive ed intellettuali dei bambini che si avvicinano ai tre anni, con l’intento di chiarire cosa potrebbero cercare e trovare nel ridente universo letterario costruito apposta per loro.
Prima di focalizzarmi sulle caratteristiche delle primissime letture per bambini dai 2 ai 3 anni, cercherò dunque di introdurre la questione da un punto di vista più ampio, che prende il via da quello che il bambino è e che si conclude con quello che il bambino desidera.
Mai come in questa convulsa e rapidissima fase della vita dei più piccoli, le primissime letture da sottoporre ai bambini devono necessariamente rappresentare uno specchio fedele della loro interiorità, onde evitare di confondere i piccoli lettori o di annoiarli dopo pochi secondi di lettura con una serie di tematiche che esula ampiamente dalla loro sfera emotiva a conoscitiva.
Primissime letture, un mondo che anela verso la scoperta
Se nel corso dei primi mesi di vita il bambino ha impiegato la maggior parte delle sue energie intellettuali per dedicarsi ad attività di tipo pratico, imparando a mangiare, a camminare, ad emettere suoni, a regolare il suo pianto in funzione delle necessità e a prendere confidenza con i suoi sfinteri, giunto alla fatidica soglia dei due anni il piccolo è ormai cresciuto abbastanza da manifestare uno stupore sempre più marcato verso il mondo esterno.
Lo spostamento di attenzione dall’interno all’esterno è dovuto al fatto che, pur trovandosi sempre alle prese con i misteri del proprio corpo, il bambino ha ormai raggiunto un livello di indipendenza motoria tale da consentirgli di votarsi in direzione della conoscenza del mondo esterno.
Intendiamoci, non è che i bambini molto piccoli non si trovino attratti da tutto quanto li circonda (tutt’altro!), ma nella stragrande maggioranza dei casi, la loro attrazione porta in dote una finalità utilitaristica o sensoriale e non una dimensione contemplativa tout court.
I bambini di pochi mesi, o di un anno e poco più, sono attratti in modo assiduo dagli oggetti che vedono, ma il loro interesse è per lo più rivolto all’interno: il bambino che guarda ammirato un portachiavi o il telefono della mamma si sta cioè domandando quale impatto emotivo e sensoriale possieda l’oggetto, una volta rapportato al suo corpo.
I bimbi molto piccoli vogliono toccare, annusare e “assaggiare” tutto per scoprire se una determinata cosa si trova ad essere morbida o ruvida, gustosa o amara, piacevole o spiacevole, di modo da fornire al bambino stesso un’idea più precisa dei suoi gusti e della sua sfera sensoriale.
In un certo senso, a pochi mesi di vita, è come se il mondo esterno esistesse solo in qualità di proiezione dell’ego, dato che il piacere della contemplazione è ancora ben lungi dal venire scoperto e che i variopinti esseri che compongono la realtà fisica, vengono trasformati dai bimbi in strumenti atti a favorire la conoscenza interiore.
Tutto questo è dovuto al fatto che le paure primordiali dei neonati, legate per lo più alla scarsa autosufficienza e al timore di cadere in un ipotetico vuoto, non sono ancora del tutto state superate e che i bimbi impiegano il mondo esterno per calmarsi e per fruire di sensazioni tanto piacevoli, quanto tranquillizzanti.
Solo quando il bambino è ormai cresciuto, deambula perfettamente e inizia a comprendere l’importanza della sfera del linguaggio, l’attenzione comincia ad assumere una valenza contemplativa, portando i piccoli ad ammirare il colore del cielo, il regno animale, un temporale estivo, pur sapendo di non poter possedere, assaggiare o manipolare gli oggetti del suo rinnovato interesse.
Gli animali, in particolare, rappresentano una forma di interesse privilegiata, per numerose ragioni, legate alla loro morfologia e al fatto che il bimbo percepisce ora una sorta di affinità empatica con le simpatiche bestiole che vede giocare felici nel prato o dentro casa.
Oltre ad assomigliare a grossi peluche “animati”, gli animali sono quanto di più simile ad un bambino di due anni possa esistere, condividendo con lui una sorta di spinta edonistica alla base dell’agire, la tendenza ad affezionarsi a luoghi e persone (soprattutto nel caso di cani e gatti) e la capacità di comunicare senza la necessità di ricorrere ad un linguaggio strutturato.
Collocato ancora ampiamente nella fase prelinguistica della lallazione (talvolta accompagnata da brevi frasi o da pochi vocaboli), il bambino tende a provare una spiccata empatia per tutte quelle creature che, al pari di lui, emettono strani versi ogni volta in cui tentano di “parlare” e che riescono, nonostante tutto, a vivere allegramente e spensieratamente la loro esistenza a quattro zampe.
In base a questa serie di ragioni, legate all’ingresso del bimbo in una fase contemplativa e al suo rinnovato interesse verso il mondo esterno e il regno animale, è ora possibile tentare di far sedere il piccolo sulle nostre ginocchia e portarlo a sfogliare le sue primissime letture.
Primissime letture, quale struttura?
La penuria di vocaboli e l’incapacità di seguire un nesso logico basato sul rapporto di causa-effetto fanno sì che le primissime letture più adatte ai bambini di due anni siano innanzitutto testi esplicativi, rivolti ad ampliare la conoscenza del mondo esterno e a stimolare il loro minuscolo vocabolario.
In caso desideriate comprare un fantomatico “libro per un bambino di due anni” (trascendendo dalla sua singolarità), la scelta deve necessariamente ricadere su un piccolo “manuale” (virgolettatissimo) illustrato, che associa una serie di figure care al bambino al loro termine esatto, magari con l’aggiunta di una componente sonora o musicale, in grado di aumentarne l’attrattiva.
Tornando al tema animalesco (che è e resterà centrale nell’immaginario legato alle primissime letture per molto tempo), un bel libro che presenta illustrazioni allegre di animali da cortile, corredato da brevi didascalie e dalla sopraccitata componente sonora volta ad emulare il verso di ogni bestiola, rappresenta sicuramente una scelta azzeccatissima, perché mostra al lettore quello che vuole vedere e lo aiuta nell’apprendimento senza forzare mai la mano.
L’ideale, in questo caso, sarebbe partire dalla prossimità per poi espandere l’orizzonte conoscitivo: iniziate a mostrare al bambino qualcosa che conosce già, per poi introdurre via via altri elementi.
Se partite con primissime letture che parlano di tigri e giaguari, rischierete di disorientarlo, per via delle differenze geografiche e morfologiche con tutto quanto il bambino ha già avuto modo di esperire: molto meglio iniziare dagli animali domestici e di cortile, per poi votarsi, piano piano, verso lidi sempre più remoti.
Seguendo questo schema, il bambino rinsalderà quanto ha già imparato a conoscere, per poi applicare i suoi semplici schemi mentali (l’animale ha quattro zampe, può avere le ali, non parla) a figure che esulano ampiamente dalla sua conoscenza diretta del mondo.
Dato che lo sviluppo intellettuale è, in questa fase della crescita, rapidissimo e che sembra quasi che il bambino si trovi soggetto ad un’evoluzione quotidiana continua (a seguito di una fase di stasi apparente), una volta superati i due anni e portato il piccolo ad appassionarsi alle sue primissime letture, è possibile cominciare molto gradualmente ad introdurre piccole storie, fornite di una trama molto semplice e comprensibile.
Il caposaldo da tenere ben presente, nel momento in cui ci accingiamo ad entrare nel mondo delle primissime letture, è sempre legato alla sua specifica conoscenza del mondo, per cui, è necessario votarsi in direzione di trame che prevedono l’interazione reciproca di quanto al bimbo è già noto.
Trovandosi la fantasia e la capacità di cogliere concetti astratti ancora ben lontane da vedere effettiva luce, leggere una storia ad un bimbo di due anni è un’operazione per lo più votata a rendere dinamico tutto ciò che si trova immagazzinato in modo statico nella sua testolina.
Se, ad esempio, siete riusciti a farlo appassionare agli animali e gli avete ben instillato in testa le caratteristiche che differenziano una mucca da una pecora, provate ora a scegliere una storia che abbia uno (o entrambi) gli animali per protagonisti: così facendo, il piccolo riuscirà a concentrarsi sui semplici nessi causali, senza il bisogno di dover immagazzinare concetti nuovi, dato che le “basi” della vicenda sono a lui già ampiamente note.
Ovviamente, deviare un po’ da questo percorso non comporta nessun rischio reale per la salute fisica e mentale del bimbo; l’unico rischio è quello che il piccolo perda rapidamente il filo della storia, perché troppo intento a rimuginare sulla natura dei protagonisti e degli scenari in cui la vicenda è ambientata.
Giusto per fare un esempio concreto, quando mio figlio minore frequentava l’asilo nido e si avvicinava ai due anni e mezzo, le maestre gli regalarono un libro incentrato sul rapporto di amicizia tra un piccolo robot e alcuni alieni, giunti sulla Terra per portarlo sul loro pianeta a giocare.
Per quanto tentassi di leggere la storia al bimbo (e gli piaceva pure, all’inizio), tutti i suoi sforzi intellettivi si arenavano sulla difficoltà di capire cosa fosse un robot, dove si trovasse “lo spazio” e cosa comportasse in termini pratici essere un alieno, per cui, l’esilissima trama della vicenda passava in secondo piano e veniva ampiamente ignorata.
Se la stessa storia fosse stata ambientata in una fattoria e avesse trattato di un legame tra una mucca e un cane, mio figlio avrebbe immediatamente saltato le tappe iniziali, legate alla comprensione dei personaggi, e avrebbe cercato da subito di capire cosa facessero insieme i due animali protagonisti.
Logicamente, il bambino è sopravvissuto indenne alla lettura della storia spaziale, senza sviluppare particolari turbe mentali, ma ha perso l’occasione di godersi fino in fondo un libro che avrebbe apprezzato molto di più dopo i tre anni e che non ha mai più voluto leggere, per via dei retaggi legati allo sforzo titanico di portare la sua piccola fantasia di duenne nello spazio profondo.
Quando qualche lettore mi chiede da che età risulta indicato un determinato libro, fatica spesso a cogliere il punto della questione; la domanda corretta sarebbe infatti :”da che età mio figlio potrebbe comprendere il senso del libro?”, dato che le primissime letture sono del tutto prive di controindicazioni e che l’unico rischio reale è legato al mancato apprezzamento della storia.
In fondo, la questione non è poi così diversa per un pubblico di lettori adulti, dato che noi stessi cerchiamo nei libri il giusto mix tra quello che conosciamo già e ciò che invece desideriamo apprendere, per cui, l’effetto che farebbe un trattato di astronomia su una persona a totale digiuno di nozioni in materia è più o meno lo stesso di quello prodotto dal sopraccitato testo spaziale su mio figlio.
Esattamente come noi impariamo le cose per gradi, partendo da concetti statici per poi interlacciarli tra di loro, un bimbo di due anni o poco più necessita di basi salde per potersi divertire con una storia; ragione in base alla quale è sempre meglio tracciare un percorso coerente.
Andate dunque per gradi e non abbiate fretta di leggere ai vostri figli “Le mille e una notte”, arriverà presto il giorno in cui il loro orizzonte conoscitivo sarà tanto saturo da volersi espandere in modo autonomo e, per quanto la cosa ci turbi, quel giorno arriverà prima di quanto avessimo mai immaginato.
Un’altra caratteristica piuttosto comune ai bambini di età compresa tra i due e i tre anni è quella di percepire una netta dicotomia tra l’ambiente domestico e il mondo esterno; dicotomia che rispecchia la loro ansia di protezione di fronte a tutte quelle potenziali insidie che non si trovano ancora in grado di fronteggiare in modo autonomo.
Non a caso, il concetto di “casa” diventa centrale durante l’anno di vita in esame, tanto che le prime domande coerenti che il bambino inizia a rivolgere ai suoi genitori, non appena familiarizzato con il linguaggio, riguardano proprio la natura della struttura che lo ospita.
I bambini vogliono sapere se la loro casa è abbastanza solida da resistere alle intemperie o all’assalto di ipotetici malintenzionati, dato che la dimora è intimità, pace e serenità, mentre l’orizzonte esterno porta in dote un numero di variabili ancora troppo spaventoso.
Per questa ragione, a fianco dell’immancabile letteratura animalesca, vanno benissimo, verso i due anni e mezzo, tutte quelle primissime letture che prevedono la casa come oggetto di indagine privilegiata o brevi narrazioni avventurose che si svolgono per intero entro l’arco delle mura domestiche.
A livello strutturale, risultano molto apprezzati dai piccoli lettori, durante questa fase della vita, tutti quelle primissime letture che abbinano alle illustrazioni una componente tattile e sonora, in grado di agire su un piano sensoriale e di favorire così l’apprendimento di nozioni altrimenti troppo ostiche.
Anche se i bambini di due anni stanno lentamente abbandonando la pericolosa attitudine a mettersi in bocca tutto quanto ricade sotto la loro sfera visiva, i sensi continuano a rappresentare una delle chiavi d’accesso privilegiate alla comprensione del mondo esterno e la gamma di sensazioni legate, ad esempio, ai concetti di “duro” o “morbido” porta in dote numerose esplicazioni aggiuntive.
Non trovandosi l’intelletto dei bambini molto piccoli tanto sviluppato da consentire paralleli in astratto e definizioni di categorie, il bimbo anela ancora a toccare quello che vede, per tastarne la consistenza e per comprendere così l’intima natura.
Mentre un adulto (o un bambino più grande) percepisce le caratteristiche sensoriali di un dato oggetto senza toccarlo, facendo leva sulla sua memoria storica e su affinità e divergenze mentali, il bimbo piccolo desidera testare in prima persona la veridicità delle sue ipotesi e cimentarsi con un’esperienza sensoriale non filtrata dalla mente.
Per questa ragione, i libri tattili (per la mia guida, clicca qui), rappresentano ancora un ottimo ausilio, soprattutto in una prima fase, in virtù della loro capacità di mostrare direttamente al piccolo lettore come, ad esempio, il manto del leone si trovi ad essere morbido come un peluche, mentre le corna di un alce siano invece dure come il marmo.
Nonostante le critiche che hanno recentemente investito l’universo dei libri tattili e pop-up, i due “generi letterari” si trovano ad essere quasi una tappa obbligata nello sviluppo infantile e uno dei pochi strumenti in grado di creare un ponte ideale tra la dimensione intellettuale e quella sensoriale dei bimbi.
Per quanto riguarda i libri sonori (per la mia guida, clicca qui), o comunque dotati di una componente uditiva aggiuntiva, pur avendo perso parte di quel carico di attrattiva che possedevano nel corso di una fase “pre-letteraria”, la loro importanza resta viva e attiva.
I testi dotati di un inserto sonoro, non solo rilassano i bimbi molto piccoli, favorendo la benemerenza nei confronti dei libri stampati, ma spingono spesso i giovani lettori in direzione di un’emulazione che favorisce lo sviluppo della sfera del linguaggio.
Un testo, ad esempio, che parla di animali e che si compone di una sezione dedicata ai versi dei suddetti, riuscirà a colpire l’attenzione del piccolo e lo porterà a cercare di emularne le sonorità, aumentando così la confidenza del bimbo con l’espressione orale, seppur in chiave pre-linguistica.
La presenza di una sezione tattile o sonora non è qui il discrimine per la scelta del testo o il metro della sua intrinseca bontà, ma un eventuale elemento aggiuntivo che può essere vagliato caso per caso, in ordine di conferire maggior potere al libro che si intende scegliere.
Logicamente, tutto dipende dalle preferenze specifiche del bimbo, e non è del tutto escluso (anche se molto improbabile) che un bambino manifesti palese indifferenza nei confronti di un inserto tattile o sonoro o che scambi gli elementi pop up per cartaccia, destinata alla trasformazione in coriandoli colorati.
Le primissime letture e i “terrible twos”
Ovviamente, sarebbe impossibile concludere un capitolo dedicato ai bambini di due anni senza prendere in considerazione quella svolta caratteriale definita dalla celebre espressione “terrible twos”, che denota in modo approssimativo e generico l’ansia di indipendenza dei piccoli.
Se la pedagogia tradizionale associa infatti “l’esplosione di capricci” all’arco temporale compreso tra l’anno e mezzo e i tre anni, la fase legata ai “terrible twos” è in realtà molto più mutevole e dilazionata, iniziando a manifestarsi in concomitanza con il raggiungimento dell’indipendenza motoria, fino a scemare lentamente ben oltre il compimento dei tre anni.
Non appena il bimbo si rende conto di poter camminare in modo autonomo, di riuscire a manipolare oggetti in modo mirato e di potersi ampiamente alimentare da solo, comincia a voler affermare il proprio “io” in modo sempre più marcato e ad opporsi all’autorità genitoriale, divenuta ormai oggetto di critica e revisione perenne.
Mentre i bimbi piccolissimi pendono letteralmente dalle labbra di mamma e papà, dai quali dipendono in tutto e per tutto, la rinnovata autonomia porta i bambini di poco meno di due anni a volersi esprimere liberamente e a desiderare di conoscere il mondo (anche da un punto di vista “fisico”) senza il filtro genitoriale.
Tutto questo si traduce in una serie di “no”, di pianti ininterrotti e di manifestazioni di dissenso pressoché interminabili, generalmente destinate a risolversi in modo spontaneo quando l’inizio della scuola dell’infanzia traghetterà il bimbo verso una fase in cui l’autorità riprenderà ad acquistare senso ai suoi occhi.
In caso vi stiate domandando se esistano primissime letture in grado di porre rimedio a questa calamità, la risposta è del tutto negativa, per una serie di ragioni tanto granitiche, quanto assolute.
Benché esista una letteratura di infanzia rivolta al versante legato alla gestione delle emozioni (ci torneremo in seguito), i suddetti libri incentrati sulla rabbia o sulla paura si rivolgono in realtà ad un pubblico di bambini più grandi, impiegando un linguaggio e una serie di riferimenti a nozioni astratte che cozzano apertamente con le reali capacità intellettive di un bambino di due anni.
Potete tranquillamente proporre primissime letture, ad esempio, che parlino della gestione e del controllo della rabbia ad un bimbo di due anni, ma difficilmente alla lettura si accompagnerà un mutamento caratteriale vero e proprio, dato che il piccolo non si trova ancora in grado di leggere e assimilare il messaggio veicolato e che, anche se lo fosse, se ne infischierebbe altamente, perché in questa fase della vita l’istinto è ancora incontrollabile.
I “terrible twos” rappresentano infatti la vulcanica eruzione di una componente istintuale legata all’affermazione della singolarità che è tanto naturale, quanto inevitabile, dal momento che la componente razionale si trova ancora ben lungi dal poter prendere il sopravvento e che la proverbiale “Natura” deve fare il suo corso.
Se intendete dunque sopravvivere alla drammatica fase dei due anni, potete agevolmente farlo tentando di incanalare e preordinare le esperienze dei vostri figli, di modo da lasciargli un margine di autonomia apparente, ma non potete cercare di spegnere il “sacro fuoco” attraverso la lettura, la cui funzione si limita, in questa fase, alla conoscenza e all’esplorazione del mondo esterno.
Il mio consiglio è dunque quello di riporre nel cassetto i testi sulle emozioni che avevate comprato il giorno in cui vostro figlio ha inscenato il suo primo capriccio e di riprenderli in mano dopo i tre anni, quando il bimbo sarà desideroso di conoscere se stesso anche attraverso l’astratto e di dare un nome a quel calderone che si agita dentro di lui e che, ogni tanto, prende il controllo della sua personalità.
Riassumendo quanto esposto in questo capitolo, le primissime letture per bambini dai due ai tre anni devono necessariamente essere testi semplici, in grado di ampliare la conoscenza del mondo dei piccoli lettori e il loro bagaglio lessicale, senza pretese didattiche marcate o intenti didascalici che potrebbero confondere le acque ad una mente non in grado di relazionarsi all’universo dei concetti astratti e morali.
Per una selezione di testi, ti rimando alla mia guida dedicata al mondo dei duenni (clicca qui)
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