Last Updated on 22 Gennaio 2020 by Maestra Sara
Nuova proposta in casa Verbavolant, Quanto è piccolo il mondo è un’ironica fiaba moderna, incentrata sulla dicotomia tra viaggio e comodità, che mostra al lettore come, ogni tanto, l’agio non sia che un lusso superfluo.
Se proviamo a pensare a tutte quelle esperienze che hanno davvero conferito un senso alla nostra vita, ci accorgiamo immediatamente che tutto ciò che ci ha davvero reso quello che siamo (scusate l’abuso di pronomi e dimostrativi) si è svolto al di fuori della nostra “comfort zone”.
Vivere, così come viaggiare, significa mettersi in gioco, uscire dalla nostra stanza comoda, con temperatura costante pari a 20 gradi centigradi, per scoprire cosa c’è fuori, per sfidare il troppo freddo, il troppo caldo, il troppo tiepido e tutte le asperità che si celano in un mondo che chiede solo di essere scoperto.
Il gigante che odia viaggiare, perché teme di potersi ferire i piedi, protagonista della storia, è qui il simbolo di tutti coloro che ricercano invano la comodità proprio laddove l’agio andrebbe a distorcere il senso di scoperta.
Per quanto a molti piaccia (e sui gusti non si discute mai), soggiornare in un villaggio-vacanze in Marocco, la breve esperienza non equivale affatto a visitare il Marocco, ma a trasferire altrove uno standard di vita “domestico” che avrebbe potuto venire replicato ovunque, senza troppi problemi.
Per scoprire il mondo davvero, bisogna essere disposti a scontrarsi con tutti gli effetti collaterali che il viaggio comporta, partendo dalla famigerata diarrea del viaggiatore, per giungere a quella stanchezza che solo chi ha viaggiato davvero può provare.
Questo non significa affatto che coloro che viaggiano possiedano un vantaggio morale o ontologico rispetto a coloro che trascorrono le loro giornate chiusi in casa a leggere Kafka o ad ascoltare gli Smiths, ma che per vivere un’esperienza davvero completa, è necessario dire addio, seppur temporaneamente, al nostro ideale di comodità e di quiete assoluta.
Proprio nel corso di un’età in cui molti bambini temono di potersi far male giocando, di sporcarsi durante una partita a calcio nel fango o semplicemente di venire rifiutati dai loro coetanei, Quanto è piccolo il mondo invita il bambino a mettersi in gioco, sempre e comunque, e a non distorcere la realtà attraverso il filtro dei suoi piccoli ideali.
La sopracitata partita a calcio in mezzo al fango bagnato è probabilmente quella che costerà al bambino una mezz’ora di ramanzine e qualche acciacco alle vie respiratorie, ma è anche quella che il bambino ricorderà per sempre, proprio perché è stata la più avventurosa e la più lontana dalla sua “comfort zone”.
Senza che i bambini debbano necessariamente mettersi in pericolo per il gusto di farlo o prendersi dei rischi inutili, è doveroso che i più piccoli imparino a mettersi in gioco al di fuori degli schemi di salvaguardia che abbiamo costruito per loro e a sporcarsi metaforicamente le mani nel fango.
Davvero ben fatto curato, il libro realizzato da Angelo Mozzillo e Ilaria Perversi è in tal senso un’esortazione all’audacia e a compiere quel viaggio, fisico e interiore, che ci trasforma ogni volta in cui partiamo con lo spirito che più si addice alle piccole imprese.
Quanto è piccolo il mondo, tra viaggio e comodità
Quanto è piccolo il mondo è la storia di un gigante talmente alto da poter coprire immense distanze con un solo passo e da riuscire ad attraversare gli oceani con poche falcate.
Anziché godere delle infinite possibilità e occasioni che gli si stagliano davanti, il gigante è tuttavia scontento della sua condizione e non perde occasione di lamentarsi dei suoi enormi piedi.
Il fatto di attraversare l’intero globo terrestre senza alcuna difficoltà comporta infatti una sorta di continuo stress per i piedi, costretti a passare dalle gelide temperature dei laghi ghiacciati finlandesi ai bollenti getti d’acqua calda dei geyser islandesi; dall’aguzza cima della torre Eiffel, al rischio di schiacciare qualche ciclista intento ad attraversare le strade di Amsterdam.
A causa di malanni perpetui, di ammaccature ai talloni e di altri inconvenienti, il gigante non sopporta più l’idea di viaggiare e cerca un’idea in grado di porlo al riparo da tutte queste spiacevoli situazioni.
L’idea in questione giunge proprio dall’incontro con un “collega” gigante, munito di un paio di scarponi in grado di porre i suoi piedi al riparo dal caldo, dal freddo e da tutte i micro-traumi presenti sul percorso.
Tutto felice, il gigante corre (per modo di dire, chiaramente non ne ha bisogno) a procurarsi un paio di scarponi del tutto identici a quelli dell’altro avventuriero e inizia così la sua traversata del mondo in compagnia delle nuove calzature.
Inutile dire che gli scarponi pongono davvero il gigante al riparo da tutte le problematiche in precedenza avvertite: il protagonista di Quanto è piccolo il mondo può ora attraversare il globo senza il rischio di sentire troppo freddo o troppo caldo e senza il rischio di ferite ai piedi.
Tuttavia, dopo aver a lungo peregrinato, il gigante abbandona i suoi scarponi, rendendosi conto che la comodità inficia il piacere del viaggio stesso e poneun filtro tra i suoi piedi e quello stesso mondo che intende conoscere, anche a livello tattile.
Dedicato a tutti coloro che amano viaggiare e scoprire nuove cose, Quanto è piccolo il mondo è dunque un invito ad uscire dalle nostre ristrette comfort zones e a misurarsi con un mondo denso di insidie, ma anche di infinito piacere.