Last Updated on 15 Settembre 2020 by Maestra Sara
Avete mai visto il celeberrimo film “Nosferatu-Il principe della notte” di Werner Herzog?
Se vi fosse mai capitato di imbattervi nella pellicola, sarete senz’altro rimasti piuttosto impressionati e, al tempo stesso atterriti, dalla macabra sequenza in cui l’abile regista-naturalista tedesco ritrae un banchetto nuziale che si celebra nel bel mezzo di un’epidemia di peste, con tanto di ratti infetti al seguito, ben contenti di banchettare insieme agli sposi e ai conviviali.
Facendo un passo indietro, per tutti coloro che si trovano poco a loro agio con vampiri, simbolismo post-bellico e affini, la poetica di Herzog ruota intorno alla dicotomia tra Natura e natura umana, ponendo l’accento su come l’universo naturale rappresenti il limite e, al tempo stesso, la più solenne delle sfide per il genere umano.
La natura umana trova cioè estrema dignità nel cercare di affermare sé stessa di fronte agli ineluttabili eventi della Natura, pur sapendo che è il ciclo degli agenti naturali a regolare i ritmi della nostra presenza sul Pianeta Terra e non il contrario.
In “Nosferatu”, il costante dualismo si esplica proprio in una devastante epidemia di peste (causata dal diabolico Conte) che, dapprima costringe in casa gli abitanti del piccolo paesino olandese in cui si svolge la vicenda e, in seguito, provoca una reazione quasi isterica nei sopravvissuti, ormai disposti ad andare incontro a morte certa pur di poter godere, per un’ultima volta, di una parvenza di normalità, di umanità.
In questo contesto, la sopraccitata “scena dello sposalizio” è emblema di un’umanità che brinda a sé stessa nella morte, preferendo lasciare le proprie spoglie mortali che rinunciare ulteriormente a tutti quei rituali che da soli conferiscono un senso all’essere umano e che, forse, ci regalano davvero un posto privilegiato nel mezzo del creato.
Facendo le dovute proporzioni, l’epidemia di covid 19 che ha funestamente investito il mondo intero ha riportato a galla una dualità di istinti ben presente nell’animo di ognuno di noi.
La volontà di salvare le nostre vite di fronte alla minaccia si è spesso fusa, sovrapposta e persino scontrata con il desiderio di tornare al più presto a tutti quei rituali che riempiono la nostra vita e che scandiscono il nostro tempo fino a diventare la vita stessa.
Chi più, chi meno, tutti noi abbiamo assistito attoniti al devastante incedere di una Natura, mai così matrigna, soffrendo la mancanza di abbracci, sorrisi, ritrovi conviviali e di tutto quanto avrebbe potuto portare in dote una valenza consolatoria di fronte alle drammatiche scene offerte dai notiziari.
Senza entrare nel merito delle scelte operate dalla politica in questi mesi (che non mi competono e, sinceramente, non mi interessano), siamo finalmente riusciti ad approdare ad un labile equilibrio che ci ha permesso di riappropriarci di quanto abbiamo di più caro e di mantenere, al contempo, tutte quelle precauzioni utili a salvare la nostra vita e quella del prossimo nostro.
Se dovessimo stilare un ipotetico elenco di quanto ci è davvero mancato durante gli scorsi mesi, molto probabilmente, la scuola occuperebbe una posizione privilegiata nei pensieri di tutti noi.
Un mondo senza le scuole è un mondo che non ha consapevolezza di sé, che non getta le basi del suo stesso futuro e che produce, di riflesso, immensi scompensi a livello sociale, economico ed emotivo.
Ora che, dopo varie peripezie e infinite schermaglie, siamo finalmente riusciti ad udire il suono di quella salvifica campanella che abbiamo atteso per mesi, siamo tutti chiamati, in qualità di genitori ed educatori, ad un compito senza precedenti.
Tocca a noi (e a nessun altro) tenere accesa quella fiammella di umanità che rischiara la notte degli eventi, spetta a noi assumere comportamenti responsabili che permettano ai nostri figli e ai nostri alunni di vivere la loro infanzia in modo dignitoso e prolifico.
Prima di inveire contro i fondi che mancano, i banchi obsoleti, le regole stringenti, cerchiamo, almeno per una volta, di fare tutti il nostro dovere civico, adottando ogni precauzione necessaria a garantire lo svolgimento delle lezioni.
Questo articolo non è (e non vuole diventare) un appello all’ossequioso rispetto delle normative scolastiche, ma un invito al recupero di quella componente umana che la Natura ha voluto sottrarci troppo a lungo.
Sono sufficienti davvero pochi accorgimenti e una quantità di tempo davvero modesta per non vanificare gli sforzi di mesi e per non ripiombare nell’incertezza e nella privazione più assoluta.
La scuola, la pandemia e i bambini
Il modo migliore per garantire il normale svolgimento delle lezioni è senz’altro quello di stabilire un dialogo fecondo e continuo con i nostri figli, soprattutto se molto piccoli, e di far comprendere loro come mascherine, igienizzanti e distanziamento non siano catene del corpo e dello spirito, ma la condizione sine qua non della “nuova normalità”.
Per quanto sgradevoli, i dispositivi medici e igienici che ci accompagnano ormai da mesi, rappresentano una sorta di crinale dal quale non siamo ancora in grado di scendere; pena, un’altra rovinosa caduta.
Scegliete le parole migliori per far abituare i vostri figli alla (si spera temporanea) situazione che stiamo vivendo, trovate soluzioni ad hoc per le loro specifiche esigenze (se la mascherina chirurgica è troppo opprimente, sceglietene una di stoffa e viceversa) e soprattutto dedicate tutto il tempo necessario ad ascoltare le loro istanze e a comprendere le loro preoccupazioni.
L’intervallo trascorso al banco non piace a nessuno, così come non piacciono le processioni al bagno per lavare le mani a turno; a nessuno piace doversi ricordare di indossare la mascherina ogni volta in cui ci si alza e a nessuno piace non poter abbracciare il proprio compagno di banco, ormai divenuto compagno di distanza.
Ma, senza una piena adesione a questa nuova normalità rischieremmo di vederci privati da noi stessi di tutti quei momenti che, seppur vissuti in modo anomalo, sono carichi di emozione, di gioia e di vita.
Proprio come le cinture di sicurezza e un tasso alcolemico inferiore allo 0.5 grammi/litro rappresentano la pre-condizione per poter guidare, oggi il distanziamento e l’attenzione rappresentano la condizione per poter vivere la scuola.
Raccontare il Covid ai bambini
Comprendere la natura del Covid, la sua trasmissibilità e i rischi che comporta per la salute umana, rappresentano, in quest’ottica, la chiave d’accesso privilegiata alla consapevolezza e al conseguente rispetto delle regole.
Come noi adulti tendiamo a rigettare tutto ciò che ci appare immotivato o privo di fondamento, a maggior ragione i bambini rifiutano ciò che è per loro una mera costrizione, fine a se stessa, in quanto fuori dalla loro portata conoscitiva.
Esattamente come un ad bambino a cui viene detto “di non salire sul tavolo” verrà la tentazione di arrampicarsi, per comprendere le ragioni di un divieto ai suoi occhi assurdi, se ci limitiamo a fornire una serie di istruzioni e restrizioni, finiremo presto col ritrovarci con un esercito di bambini intenti a trasgredire, per il puro gusto di vedere cosa si prova a d andare oltre le regole.
Portare un bambino ad accettare una situazione che risulta spesso incomprensibile anche agli occhi di alcuni adulti non è un’impresa semplice e richiede pazienza, dialogo e buona volontà.
Solo quando i piccoli avranno capito le ragioni intime che hanno prodotto determinate scelte, riusciranno ad entrare in contatto con le conseguenze del loro agire e a sentirsi alla stregua di piccoli membri di una comunità che si muove in toto verso un unico fine: la normalità.
Il mio invito è quello di lasciare perdere tutte le scemenze e le fake news che si leggono online (no, vostro figlio non verrà trasportato coattamente in ospedale al primo colpo di tosse; no, vostro figlio non verrà mandato in un lazzaretto al primo starnuto) e di dedicarvi al dialogo, partendo da una base solida e accessibile alle loro facoltà cognitive.
Inutile dire che i libri tematici rappresentano qui, come spesso accade, la chiave d’accesso privilegiata all’immaginazione dei più piccoli e il modo migliore per spiegare concetti, laddove le parole spesso ci sfuggono.
Storia di un virus sbruffone
In attesa di cimentarmi con una lista ampia di titoli per bambini sul Covid (il “genere narrativo” è ovviamente piuttosto nuovo), mi permetto di suggerirvi un titolo che mi ha molto colpito negli ultimi giorni.
Composto da Irene Renni e illustrato dalla figlia quattrenne dell’autrice, Tea, Storia di un Virus sbruffone è una carinissima fiaba moderna che spiega ai bambini più piccoli la necessità del distanziamento e di tutte quelle precauzioni che potrebbero agevolmente assurde e strampalate.
La storia ricalca gli archetipi della fiaba classica e narra delle gesta di un virus cattivo, con tanto di corona, che giunge in città, terrorizzando gli abitanti e costringendo tutti a fuggire a rintanarsi in casa-
Entro breve, il tremendo virus resta inesorabilmente solo e si rivolge ad uno stregone per chiedergli consiglio di fronte alla desolazione che lo sta attanagliando.
Lo stregone spiega al virus che l’unico modo per poter sconfiggere la solitudine consiste nel rinunciare alla sua natura da usurpatore, lasciare la sua corona e rendersi innocuo.
Pur di non morire (metaforicamente) di solitudine, il virus cede felicemente la sua corona allo stregone, si lascia trasformare nell’animo e consente al genere umano di tornare a godere dei piaceri della vita.
Semplicissima, davvero ben scritta e superbamente illustrata dalla piccola Tea, alla quale vanno i miei più sentiti complimenti, Storia di un virus sbruffone è un ottimo modo per spiegare ai più piccoli la natura del Covid e per mostrare loro come gli sforzi fatti fino ad ora non siano vani, ma finalizzati alla sconfitta di una minaccia reale, quasi come se lo stare in casa fosse un’avventura da vivere giorno per giorno.
Ideale per i bambini della scuola dell’infanzia, Storia di un virus sbruffone può perfettamente adattarsi anche alle esigenze intellettuali di tutti quei bimbi che iniziano in questi giorni le scuole primarie, tra prime campanelle e angosce da lasciarsi alle spalle.
Di seguito, il link al libro
Buona scuola a tutti!