Last Updated on 22 Ottobre 2019 by Maestra Sara
Testo aspramente criticato e addirittura censurato, in base ad un’idiozia che ormai non conosce più confine o pudore, Se io fossi te è una simpaticissima storia illustrata che gioca allegramente con la tendenza dei genitori ad immedesimarsi con i bambini.
Se io fossi te è infatti la storia di un improbabile scambio di ruoli, che si verifica proprio in base al concretizzarsi di quella frase del titolo che definisce (troppo spesso) il nostro modo di essere genitori e di approcciarci ai bambini.
Almeno trecento volte al giorno, se non di più, ci capita di voler spingere i nostri figli a fare qualcosa che in quel momento non vogliono fare, impiegando l’espressione “se io fossi te” (o “se io fossi in te”), rivolta a sottolineare come la nostra prospettiva emotiva sia corretta, mentre quella dei piccoli si trovi inesorabilmente errata.
Ogni volta in cui ci rivolgiamo ai nostri bambini assumendo come punto di vista privilegiato il fatidico “Se io fossi te” diamo infatti per scontato che le nostre esigenze fisiche, biologiche ed intellettuali si adattino in qualche modo alle loro, con l’intento di spingerli in direzione dell’opzione che noi (e non loro) riteniamo privilegiata.
“Se io fossi te, proverei a dormire, a mangiare un po’ di più, ad andare in bagno con una frequenza un po’ più regolare, a non fare capricci” implica infatti una sottile pretesa di comprendere a fondo l’universo interiore del bambino, al punto di volerlo adattare al nostro.
Se noi abbiamo sonno in un dato momento, non è tuttavia detto che anche nostro figlio desideri cadere tra le braccia di Morfeo, perché spesso le esigenze biologiche e mentali dei bambini non risultano assolutamente sovrapponibili a quelle degli adulti.
Oltre a possedere un sistema di termoregolazione del tutto diverso dal nostro, i bambini sono soggetti a cicli cerebrali, legati ai neurotrasmettitori, che comunicano loro una serie di esigenze organiche del tutto differenti da quelle di un adulto.
Tutto questo non implica, ovviamente, che dobbiamo lasciare i nostri figli liberi di mangiare a tutte le ore del giorno o di restare alzati fino alle quattro del mattino, ma che il nostro ruolo di genitori sia quello di educare i bambini cercando di comprendere le loro specifiche esigenze e non quello di proiettare sui bimbi un complesso di sensazioni del tutto incomprensibile ai loro occhi.
Il simpatico libro scritto da Richard Hamilton non fa altro che rivolgere contro il genitore la sua stessa ipotesi, dando vita ad un balletto in cui padre e figlia si scambiano i ruoli, generando situazioni piuttosto comiche e finalizzate a far comprendere come ogni singolarità possieda specifiche doti ed esigenze e come, dunque, nessuno possa immaginare cosa farebbe se fosse qualcun altro.
La presunta “teoria gender” (non esiste nulla del genere, l’orientamento sessuale di una persona è definito da una serie di scambi chimici e ormonali; non dalla presunta capacità di “convertire” omosessuali ed eterosessuali mediante misteriosi complotti) qui non c’entra davvero nulla e l’immagine del papà in tutù, che tanto ha scandalizzato gente del tutto priva di cervello, è semplicemente rivolta a mettere in ridicolo il mantra “se io fossi te” e non certo a spingere i padri a travestirsi da bambine o altre scemenze del genere.
Se io fossi te, ma non lo sono….
Il libro si apre con un comunissimo quadretto familiare che prevede un padre intento a cercare di far addormentare la figlia Giulia, dicendole proprio che, se fosse in lei, chiuderebbe gli occhi e si coricherebbe.
Saggiamente, la bambina obietta che il papà non è lei, innescando una catena di pensieri che prevede il genitore vestito in tutù, intento a ballare allegramente per casa.
L’ipotetico scambio di ruoli prosegue con Giulia che, sempre se fosse suo padre, gli leggerebbe una storia con l’orsacchiotto per farlo addormentare, prima di dargli la buonanotte e di andarsene in salotto.
Nonostante la sonnolenza, il papà di Giulia accetta felicemente il gioco e inizia a ribattere che, se lui fosse la figlia, porterebbe il canguro di peluche a dormire con lui e che la mattina dopo salterebbe da lei.
Lo scambio di ruoli prosegue e si infittisce, fino alla paradossale situazione che prevede Giulia intenta a lavare i piatti, mentre il padre viene portato a spasso in un passeggino tutto rosa.
Come prevedibile, lo scherzo si conclude, dopo molte altre simulazioni, con i due protagonisti che si rendono conto di quanto sia bello essere se stessi e ricoprire ruoli ben precisi, anziché cercare di cambiarsi o impersonare l’altro.
Infatti, la saggia Giulia, chiude il dialogo sostenendo che, se fosse lui, lo abbraccerebbe e gli chiederebbe di restare esattamente come è.
Il celebre libro di Richard Hamilton non è come premesso, un invito a tutti i padri del mondo a girare per il quartiere a bordo di un passeggino rosa, ma una simpatica riflessione su quello che siamo davvero e sul nostro ruolo all’interno del nucleo familiare.
Non ha infatti senso ripetere in continuazione “Se fossi te”, a fronte dell’impossibilità di essere qualcun altro, per cui, è decisamente meglio cercare di mediare le nostre esigenze emotive con quelle dei bambini, prima di cadere vittime della nostra stessa precaria ipotesi.