Last Updated on 30 Settembre 2021 by Maestra Sara
Considerati da molti lettori (e genitori) alla stregua di una sorta di “serie b” della letteratura per l’infanzia, i silent book rappresentano in realtà uno sfogo estremo del talento e una piccola scatola magica, da riempire e svuotare a seconda delle necessità.
Spesso considerati alla stregua di autentiche opere d’arte prodotte in serie, i silent book posseggono infatti caratteristiche narrative ed emotive che si discostano parzialmente dagli standard delle storie per l’infanzia e che portano in dote una carico di meraviglia assolutamente non sovrapponibile a quello prodotto dalla lettura di una fiaba classica o di un albo “parlato”.
L’universo dei silent book si trova infatti in una sorta di zona di confine tra l’opera pittorica e la dimensione narrativa e, proprio in virtù di questa sua natura ondivaga, può agevolmente strizzare l’occhiolino in entrambe le direzioni e votarsi verso le diramazioni più disparate.
In caso non abbiate idea di cosa sia esattamente un silent book o non ne abbiate mai raccontato uno (il termine “letto” sarebbe fuorviante), facciamo il consueto passo indietro e cerchiamo di chiarire la natura di una macro-categoria non così ovvia come potrebbe apparire.
Se, da un punto di vista strettamente tecnico, “silent book” è tutto ciò che risulta privo di parole, proprio l’assenza di vocaboli scritti comporta l’adeguamento della storia ad una dimensione differente, dove il linguaggio figurato precede e anticipa la necessaria narrazione che genitori e insegnanti andranno ad effettuare sulla base delle tavole.
Silent book, un distillato di pura emozione
Ora, provate a chiudere gli occhi e a ripensare al Nosferatu di Murnau, a Metropolis di Fritz Lang o alla Febbre dell’oro di Charlie Chaplin e domandatevi se la trama dei tre film vi è chiara e se sareste in grado di riassumerla ad un vostro amico o parente.
Nonostante l’assenza totale di dialoghi, nessuna persona adulta al mondo potrà sostenere di aver avuto difficoltà nel seguire lo svolgimento delle suddette vicende; così come nessuno al mondo può sostenere che l’invenzione del sonoro nel cinema abbia portato in dote una sorta di semplificazione narrativa.
Il cinema muto e il cinema sonoro non si discostano infatti per le rispettive difficoltà di accesso alle vicende narrate (un film di David Lynch può risultare incomprensibile anche se fitto di dialoghi), ma per la presenza di scelte stilistiche totalmente differenti.
Un film muto, a prescindere dall’epoca della sua ideazione (si pensi a The Artist), decide infatti, per necessità o per preferenza, di sacrificare la componente dialogica per consentire allo spettatore la piena immersione in un mondo dove l’immagine, la mimica e la concatenazione dei fotogrammi creano un universo emotivo differente, ma egualmente accessibile a coloro che guardano il film.
Sicuramente, la scelta di girare un film muto oggi potrebbe risultare spiazzante, perché comporterebbe il sacrificio di quella componente dialogica che lo spettatore dà ormai per scontata, in virtù della sua assuefazione al parlato, ma questo non implica che un moderno film muto debba collocarsi in una sorta di categoria inferiore rispetto alle pellicole che dominano il mercato.
Possiamo infatti tutti agevolmente convenire che il sopracitato Nosferatu sia, da un punto di vista artistico ed emotivo, infinitamente superiore ai vari Twilight (poi, ognuno ha i suoi gusti, intendiamoci!) e che, dunque, la parola orale non è un valido discrimine per la bellezza di un film.
Ecco, i silent book rappresentano una sorta di trasposizione cartacea di quanto sostenuto fin ora: un libro privo di parole, non è “più brutto” o “più bello” di un albo comprensivo di trama scritta, ma è semplicemente differente.
Esistono infatti libri “scritti” davvero orrendi e altri che sono dei piccoli capolavori; così come il mondo è pieno di silent book eccellenti e di altre opere mute che sono vuote e autoreferenziali, ma non per questo la presenza della parola rappresenta un valido discrimine.
L’assenza di una narrazione esplicitata dalla parola costringe infatti l’illustratore a rimodellare la sua storia, a rinunciare ad un validissimo supporto in fase compositiva e a dare origine ad un albo illustrato che, bello o brutto che sia, risulta profondamente differente dal suo corrispettivo scritto.
La prima caratteristica che salta subito all’occhio (almeno nei silent book di alto livello) è che qui la componente emotiva dev’essere necessariamente più marcata, dato che il lettore deve immediatamente scorgere il fluire degli stati d’animo dei personaggi, senza il supporto della parola scritta e di frasi come “Marta fu colta dalla disperazione” o “Giuseppe appariva disperato”.
Nel silent book la dimensione emotiva deve trovarsi ampliata e palesata attraverso artifici che esplicitino tutto ciò che potrebbe risultare ambiguo o poco funzionale alla comprensione della trama.
Prendendo ad esempio quel piccolo capolavoro che è Piccola volpe nel bosco magico, si nota subito come il passaggio dal mondo reale alla dimensione fatata sia scandito da un cambio di illustrazioni che coinvolge la gamma cromatica del libro.
Anziché scrivere “I due bambini entrarono così in un bosco fatato”, l’autrice passa dalle tinte fredde che avevano contraddistinto l’opera fino alla pagina precedente (con l’eccezione rappresentata proprio dagli elementi fatati) e si dirige verso toni caldi che rendono immediatamente comprensibile lo stacco ad un livello squisitamente emotivo.
Come ribadito fin ora, l’impiego di queste tecniche non rende un silent book migliore o peggiore di un’opera scritta, ma semplicemente differente: nei silent book le scelte stilistiche e pittoriche imboccano una strada maggiormente votata verso l’emotività ed esplicitano con l’immagine quanto non viene detto.
Come si leggono i silent book ai bambini?
Potrei scommettere un paio di euro (non di più, perché la ludopatia è sempre dietro l’angolo) che, non appena avete acquistato il primo silent book della vostra vita, magari per sbaglio, siete corse a digitare su Google “Come si leggono i silent book ai bambini?” nella speranza di trovare guide ed istruzioni che vi cavassero di impaccio.
Se vi siete imbattuti nelle suddette guide, cercate di fare uno sforzo ulteriore e dimenticatevene alla svelta; con la stessa celerità con cui vorreste non aver mai conosciuto qualcuno che vi “insegna” a guardare un film di Chaplin o che vi spiega come sedervi correttamente al cinema per vedere meglio il fulcro della scena.
Non esiste un metodo univoco per leggere i silent books ai bambini, non esiste una particolare intonazione della voce che dovete assumere, non esiste una lista di preposizioni da inserire nella storia e nemmeno una sequenza di “c’era una volta” con la quale cominciare la narrazione.
I libri silenziosi sono semplicemente storie che chiedono di essere guardate e raccontate nello stesso modo in cui racconteremmo ogni altra storia ai nostri figli, lasciandoci cioè guidare da quello che siamo e da come vogliamo che i nostri bimbi accedano al mondo attraverso le nostre parole.
Come per qualunque altro libro, i silent book vogliono essere letti in modo personale e riconoscibile; un modo che faccia capire al bambino che la mamma (o il papà) gli sta raccontando una storia, facendo ricorso ai vocaboli che conosce, alle concatenazioni logiche che è in grado di afferrare e quell’emozione pura che solo noi sappiamo trasmettere.
Se siete soliti leggere storie ai vostri bambini condendole con mille inflessioni vocali, arricchendole con una gestualità evocativa o completandole con esempi pratici, continuate a farlo anche nel caso di un silent book: il bambino vuole che voi gli raccontiate una storia, non che mamma e papà si adeguino ad uno schema da manuale per risultare più interessanti.
Leggendo un silent book, metteteci dentro il vostro vissuto, la vostra storia comune e il vostro modo di parlare; né più, né meno di quanto fareste leggendo Cenerentola.
In quella meravigliosa scatola rappresentata dai silent book, alla quale alludevo nella prefazione, il bambino vuole trovare una storia raccontata da voi: dimenticate i manuali e le guide su come si leggono le storie (ne ho trovata addirittura una che consiglia l’esatta posizione della gambe!) e lasciatevi guidare da quella poesia che alberga in voi e che risorge ogni volta che un genitore racconta una fiaba ai suoi bambini!
L’unica differenza reale tra un silent book e una storia scritta, risiede proprio nel fatto che gli albi muti lasciano a voi la scelta totale delle parole: sfruttate la possibilità per usare le vostre parole e le vostre emozioni e rendete così il più personale possibile la vostra narrazione.
Impiegate vocaboli a voi cari, parole che fanno sorridere vostro figlio e inflessioni che possano parlargli di voi in ogni momento, così da portare il piccolo ad associare quelle meravigliose immagini ad una spiegazione che sarà unica e irripetibile, in quanto vostra e di nessun altro.
Silent book, ecco alcune eccellenze di settore
Terminata la mia invettiva contro guide e manuali degne de “L’attimo fuggente” (Capitano, mio capitano!), proverò ora a proporvi una breve rassegna di silent book che ho amato molto, specificando fin da ora che la lista seguente ha il consueto valore esemplicativo e che è fisicamente impossibile racchiudere i migliori silent books in un unico post, dato che il genere letterario è davvero sterminato e variegato.
Escludo volutamente dal novero Piccola volpe nel bosco magico, in quanto ho appena trattato l’opera in modo separato, data la novità della sua pubblicazione e l’infinita maratona di letture alla quale i miei bimbi mi hanno costretto.
1) L’onda
Edito nel 2008 e già diventato un classico imprescindibile, L’onda di Suzy Lee è una piccola poesia per immagini, animata da un intreccio narrativo estremamente accessibile e da un lirismo che pervade l’opera nella sua totalità.
Storia di una bambina che giunge al mare per la prima volta e inizia ad ingaggiare un divertente balletto con un’onda che monta e che si ritrae (all’inizio in modo conflittuale), L’onda è una delle opere in grado di descrivere meglio lo stupore dei bambini di fronte alle meraviglie di una Natura che appare quasi personificata, in virtù di una magnificenza che il piccolo non riesce a considerare come qualcosa di inerte o inanimato.
Narrazione (per immagini) semplice, scorrevole e mai ambigua, L’onda impiega i classici espedienti dei silent book migliori per sottolineare cambi di scenario e stacchi emotivi, dividendo dapprima la scena tra bianco e nero (la spiaggia) e colore (l’onda) per poi pervenire ad un’unica soluzione.
Il trionfo del colore sul bianco nero simboleggia infatti la riconciliazione tra la bambina, inizialmente diffidente e quasi stizzita, e l’elemento naturale; riconciliazione che porta in dote un nuovo carico di meraviglia e di consapevolezza squisitamente emotiva.
Assolutamente imperdibile, L’onda è un libro adatto anche a bambini molto piccoli, tanto in virtù della sua snellezza, quanto per le tematiche trattate, molto prossime alla dimensione emotiva di un bambino di età compresa tra i 2 e i 4 anni.
2) Il viaggio
Superbo capolavoro di Aaron Becker, il Viaggio è un silent book che, al pari de L’onda, riprende le consuete tematiche relative alla scoperta e alla meraviglia, seppur in modo più complesso e articolato, fino a costruire un’autentica narrazione per immagini basata su una trama molto ben strutturata.
Il libro prende il via con la rappresentazione di un grigio contesto metropolitano, all’interno del quale la bambina protagonista de Il Viaggio si sente schiacciata dall’indifferenza del mondo degli adulti e dalla monotonia urbana, trovando poco conforto in una dimensione familiare votata verso il solipsismo e la disgregazione più totali.
La scoperta di un pennarello rosso magico consentirà alla bimba di disegnare una porticina sul muro della sua stanzetta e di fuggire in direzione di un meraviglioso viaggio verso mete esotiche e fatate, all’interno del quale, il pennarello rosso non smette mai di fungere da collante tra la realtà e la sua immaginazione.
Davvero avvincente e superbamente illustrata, la storia si conclude con il ritorno alla realtà da parte della bambina; ritorno che avviene in compagnia di un esotico uccello, sfuggito alle maglie della porta magica, che mostrerà sempre alla bimba il potere della sua immaginazione e la sua capacità di trasfigurare il mondo esterno grazie alla fantasia.
Soffice parabola sulla meraviglia e sull’infinito potere creativo dei fanciulli, Il Viaggio si adatta alla perfezione alla esigenze di quei bambini che, intorno ai 5 anni, cominciano a provare l’esperienza della noia e che non conoscono ancora del tutto l’infinito potere della loro mente.
3) La gara delle coccinelle
Altro classico di settore, La Gara delle Coccinelle è un libro adatto a bambini molto piccoli, per via di uno status che lo vende propendere nettamente per la rappresentazione pittorica, rispetto alla volontà di narrare una storia per immagini.
Data l’esilità della trama (comunque presente), La gara delle coccinelle è in realtà una raccolta di tavole dalla marcata valenza artistica, ideate per divertire i bimbi più piccoli e per strappare un sorriso ai loro genitori, ben lieti di assistere all’ordinata e geometrica competizione mostrata nell’opera.
Realizzato da Amy Nielander ed edito in Italia da Terre di Mezzo, La gara delle coccinelle narra infatti delle peripezie di un gruppo di simpatici insetti che, dopo aver iniziato una gara di velocità si trovano di fronte un ostacolo destinato a mutare il segno della storia e della competizione.
La coccinella che stava primeggiando, deciderà infatti di fermarsi e di tornare sui suoi passi per aiutare coloro che sono rimaste indietro, mostrando il volto di una solidarietà che travalica agevolmente i confini dell’agonismo sportivo e la volontà di primeggiare ed eccellere.
Breve storia dai toni commoventi, la Gara delle coccinelle trova il suo punto di forza in una rappresentazione pittorica accurata ed ironica, che porta gli insetti a rompere la proverbiale “quarta parete” e a simulare uno status quasi reale.
Messe di fronte alle pieghe del libro, le coccinelle spiccano infatti un balzo simulato, quasi come se le piccole protagoniste del libro non sapessero di essere tali e volessero dimostrare la loro esistenza al lettore.
Sicuramente annoverabile tra i silent book più amati di sempre, la Gara delle coccinelle si adatta agevolmente alle esigenze di un pubblico estremamente variegato, riuscendo a divertire un bambino di due anni e portando a riflettere sul senso dell’agonismo uno di cinque.
4) Tortintavola. Ma la torta dov’è?
Opera dell’artista Cino-indonesiano Thé Tjong Khing, Tortintavola. Ma la torta dov’è? è un silent book piuttosto particolare, composto da tavole che vivono in funzione della breve narrazione, ma che racchiudono al tempo stesso un microcomso autosufficiente.
Data la quantità dei dettagli inserita in ogni coppia di pagine e uno stile pittorico che rimanda rapidamente alla scena ricca di dettagli (sto pensando a Bosch, ma, ovviamente in veste meno truce), Tortintavola. Ma la torta dov’è? può infatti venire narrato dal principio alla fine, oppure venire impiegato come raccolta di quadretti illustrati per stupire i più piccoli.
Storia di una torta talmente buona da andare letteralmente a ruba, Tortintavola. Ma la torta dov’è? è una piccola avventura che prevede il dolce del titolo come movente per una narrazione di tipo classico che prevede i legittimi proprietari della torta alla caccia dei ladri, con happy ending finale e tanto divertimento annesso.
Data la sopracitata quantità di dettagli inserita in ogni coppia di tavole, l’inseguimento della torta trafugata non è tuttavia che una sorta di agevole “plot” principale, al quale si sommano e si alternano delle sotto-trame che il lettore riuscirà ad individuare solo aguzzando la vista e cercando di riconnettere tra loro i vari fili logici che sfuggono durante una prima lettura.
Nel caso specifico di Tortintavola. Ma la torta dov’è?, la scelta di realizzare un silent book è quasi obbligata, dato che la struttura labirintica dell’opera e delle singole tavole avrebbe richiesto un quantitativo di parole quasi infinito e avrebbe sottratto il gusto di cercare gli elementi occulti della vicenda.
Anch’esso adatto alle esigenze di un pubblico estremamente ampio e variegato, Tortintavola. Ma la torta dov’è? può venire tranquillamente impiegato per suscitare meraviglia nei bambini più piccoli o per stimolare la capacità di concentrazione e il senso logico in quelli più grandicelli, senza che l’opera perda mai il suo significato originario.
5) Insieme con papà
Superba opera di Bruna Barros, Insieme con papà è una parabola sul rapporto tra padre e figlio e, al tempo stesso, un’ardita riflessione sulla tecnologia e sui suoi risvolti alienanti.
Storia di un bambino che fissa, come ipnotizzato, lo schermo di un tablet mentre suo papà lavora ad un progetto architettonico, Insieme con papà prende spunto da una situazione comunissima per dare il “la” ad una serie di avventure che porteranno il bambino ad ampliare il suo sguardo sul mondo e ad osservare realtà e fantasia in modo del tutto differente.
Esattamente come ne Il Viaggio (al numero 2 della lista) Bruna Barros ricorre all’artificio rappresentato dall’oggetto “fatato” (in questo caso il metro pieghevole di papà) per stabilire una continuità tra la dimensione reale e quella avventurosa e per mostrare come le cose si possono adattare al nostro volere.
Sarà proprio il metro a stabilire un primo contatto tra padre e figlio e sarà sempre il metro a consentire dapprima una sorta di complicità tra i due, impegnati in un identico progetto incentrato su una barca, e in seguito in una serie di avventure che trascendono lo spazio fisico dello studio di papà.
Adatto ad un pubblico di bambini piuttosto grandicelli (dai 4 o 5 anni), Insieme con papà è l’esempio lampante di come un silent book possa dar vita ad una trama comprensibile e articolata basandosi solo sui “non detti” e su quelle situazione talmente eloquenti da consentire una facile immedesimazione emotiva e morale.
6) Una cosa difficile
Chiudiamo questa breve incursione nell’universo dei silent book con una sorta di archetipo di tutti quei canoni che definiscono il settore e che lo rendono alla stregua di un mondo a parte, rispetto alle opere “scritte”.
Una cosa difficile, realizzato da Silvia Vecchini e Sualzo, è infatti un mirabile esempio di come sia possibile narrare una storia secondo l’incedere di tavole basate su una componente emotiva pura e di quanto l’impiego del colore risulti determinante per contestualizzare la vicenda narrata.
Storia di un cagnolino che attraversa letteralmente ogni avversità pur di scusarsi, Una cosa difficile vede il nostro protagonista afflitto dalla contrizione e dal pentimento, tanto da essere disposto a correre seri rischi per poter raggiungere il suo amico e potergli dire quanto gli dispiace di aver rotto il suo giocattolo.
La sapiente scelta di tinte cromatiche fredde, abbinate al bianco e nero, non è qui solo funzionale a delineare alla perfezione la natura di una montagna nevosa, ma accentua, passo dopo passo l’incedere dello stato d’animo del protagonista, sospeso tra pentimento e volontà di riaggiustare quel giocattolo (una macchinina) che simboleggia alla perfezione l’amicizia infranta.
Opera pienamente comprensibile solo nel corso di quell’età in cui il bambino inizia davvero a vivere esperienze sociali autentiche, Una cosa difficile mostra al piccolo il valore dell’umiltà e del saper chiedere scusa, a prescindere dalle metaforiche difficoltà che incontriamo ogni volta che decidiamo di deporre il nostro orgoglio e di realizzare quella “cosa” così difficile agli occhi di un bambino.
Silent book, un universo tutto da scoprire
Con la speranza di avervi offerto qualche valida delucidazione pratica sul mondo dei silent books, il mio invito è quello a non boicottare un’opera solo sul discrimine della parola scritta, dato che (come a più riprese sostenuto) i libri silenziosi non sono né più “difficili”, né meno curati dei loro corrispettivi narrati.
A fare la differenza tra un ottimo silent book e un silent book mediocre sono la qualità della storia e la capacità di trasmettere al lettore uno stato emotivo, non certo la presenza o meno di una narrazione esplicitata dalle parole.
Molti dei silent books di recente uscita risultano spesso alla stregua di piccoli capolavori destinati a lunga fama, all’interno dei quali risulta possibile inserire un po’ di noi stessi, di quello che siamo davvero e di quello che il bambino vuole, in barba ai manuali online e alle guide che ci vorrebbero necessariamente seduti a gambe incrociate a schiarirci la voce prima della recita.
Per saperne di più, acquista il mio libro “La letteratura per l’infanzia”